INDICE
RASSEGNA STAMPA
Atto di indirizzo in materia di crediti d’imposta non spettanti o inesistenti
02.07.2025
E' pubblicato l'atto di indirizzo del 1° luglio 2025 concernente l'attuale definizione di credito d'imposta inesistente o non spettante.
Per quanto riguarda la Ricerca e sviluppo i chiarimenti più importanti sono tre:
1) Se la contestazione riguarda l'innovatività il credito non può essere inesistente in quanto il Manuale di Frascati non è citato da nessuna fonte del diritto
"Ad una terza tipologia di crediti non spettanti appartengono infine “i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito”. Questa è la tipologia che più significativamente riguarda i c.d. crediti d’imposta sovvenzionali (ad esempio, i crediti per le attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica) e che ha sollevato le maggiori criticità interpretative e applicative
2) Se l'Agenzia delle entrate contesta la certificazione può essere chiamata a risponderne civilmente per i danni causati alla ditta
"Discende allora dal letterale disposto normativo che, impregiudicate le ordinarie attività di controllo dell'Agenzia delle entrate, se il contribuente si dota di una certificazione che attenga alle richiamate tipologie di crediti d'imposta, rilasciata dai soggetti qualificati ammessi a sottoscriverla, che attesti la qualificazione tecnica degli investimenti, effettuati o da effettuare, e che riguardi l'attività concretamente realizzata, un eventuale atto, impositivo o sanzionatorio, che contesti la fruizione del credito sotto l'unico profilo della qualificazione dell'investimento potrà essere censurato sotto il profilo della sua nullità, con tutte le relative possibili conseguenze sul piano giuridico, secondo i principi generali"
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Ai sensi dell’art. 23, comma 4, del D.L. 73/2022, la certificazione rilasciata da soggetti qualificati esplica effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, salvo il caso di non corretta rappresentazione dei fatti.
Il documento chiarisce che:
“Gli atti, anche di contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato nelle certificazioni sono nulli.”
Ne deriva che un eventuale atto impositivo che contesti la fruizione del credito unicamente sotto il profilo tecnico della qualificazione dell’investimento, in presenza di certificazione valida, è giuridicamente nullo.
Tale nullità può comportare, in presenza di danno patrimoniale al contribuente, responsabilità civile dell’Amministrazione, secondo i principi generali in materia di illegittimo esercizio della funzione pubblica.
3) Obbligo per gli uffici dell'Amministrazione Finanziaria di attenersi a questo documento
"Gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria si atterranno ai contenuti del presente atto di indirizzo"
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Il documento ministeriale richiama quindi, senza citarlo, l’art. 10-septies della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente):
Art. 10-septies. (Circolari)
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L’amministrazione finanziaria pubblica circolari per fornire:
a) la ricostruzione del procedimento formativo delle nuove disposizioni tributarie e i primi chiarimenti dei loro contenuti;
b) approfondimenti e aggiornamenti interpretativi conseguenti a nuovi orientamenti legislativi e giurisprudenziali;
c) inquadramenti sistematici su tematiche di particolare complessità;
d) istruzioni operative ai suoi uffici. -
Nella elaborazione delle circolari di cui al comma 1, lettere a), b) e c), l’amministrazione finanziaria, nei casi di maggiore interesse, può effettuare interlocuzioni preventive con soggetti istituzionali ovvero con ordini professionali, associazioni di categoria o altri enti esponenziali di interessi collettivi, nonché farle oggetto di pubblica consultazione prima della loro pubblicazione.
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Il Ministro dell’economia e delle finanze ovvero, quando nominato, il suo Vice Ministro delegato per l’amministrazione finanziaria, adotta su proposta dell’amministrazione finanziaria gli atti di indirizzo interpretativo ed applicativo di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (nota1 ), ai quali devono attenersi le circolari di cui al comma 1, lettere a), b) e c).
(nota 1) Questa è la norma richiamata:
Art. 4, comma 1, lettera a) del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”):
«a) gli organi di governo dell’amministrazione pubblica esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi e i programmi da attuare
Prot. n. 18 del 1° luglio 2025
Ministero dell’Economia e delle Finanze Dipartimento delle Finanze
Oggetto: atto di indirizzo in tema di crediti d'imposta non spettanti o inesistenti
Visto l'articolo 20, comma 1, lettera a), n. 5, della legge 9 agosto 2023, n. 111, con il quale il Governo è stato delegato a “introdurre, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti”;
Visto l'articolo 1 del decreto legislativo 14 giugno 2024, n. 87, che ha conseguentemente introdotto nell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, le lettere g-quater) e g-quinquies) nelle quali trovano definizione, rispettivamente, le nozioni di crediti “inesistenti” e “non spettanti” ai fini della configurazione del reato di “indebita compensazione” di cui all’articolo 10-quater del medesimo decreto legislativo n. 74;
Visto l'articolo 2 del predetto decreto legislativo n. 87 del 2024, che ha analogamente sostituito il comma 4 dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, prevedendo che “Salvo quanto previsto dal comma 4-ter, si considerano inesistenti ovvero non spettanti i crediti rispettivamente previsti dall’articolo 1, comma 1, lettere g-quater) e g-quinquies) del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74”;
Visto l'articolo 10-septies, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante le disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, che prevede che «Il Ministro dell’economia e delle finanze ovvero, quando nominato, il suo Vice Ministro delegato per l’amministrazione finanziaria, adotta su proposta dell’Amministrazione finanziaria gli atti ad indirizzo interpretativo ed applicativo di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai quali devono attenersi le circolari di cui al comma 1, lettere a), b) e c)»;
Adotta il seguente
Atto di indirizzo
1. Introduzione
In tema di recupero, da parte dell'Amministrazione finanziaria, dei crediti d'imposta indebitamente compensati dai contribuenti si sono susseguiti, negli ultimi anni, plurimi interventi normativi sia per disciplinare modalità e termini di adozione dei suddetti atti di recupero sia per chiarire la distinzione tra l'utilizzo in compensazione di crediti inesistenti ovvero non spettanti.
La distinzione rileva, in particolare, sia sotto il profilo dei termini entro i quali l'Amministrazione finanziaria può procedere al recupero dei suddetti crediti, sia sotto il profilo delle sanzioni penali e amministrative applicabili nei confronti del contribuente che abbia proceduto ad una indebita compensazione.
Nonostante l'intervento delle Sezioni Unite civili della Cassazione¹, le criticità esegetiche e i diversi orientamenti sviluppatisi in ordine alla predetta distinzione non hanno trovato una loro composizione. Ciò ha indotto il legislatore a conferire delega al Governo per rivedere le disposizioni concernenti l'indebita compensazione di crediti inesistenti e non spettanti, sia sul piano definitorio che sul piano del regime sanzionatorio previsto per le due distinte fattispecie.
Così, l'articolo 20, comma 1, lettera a), n. 5, della legge 9 agosto 2023, n. 111, ha delegato il Governo a "introdurre, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti".
Attualmente, l'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 14 giugno 2024, n. 87, ha formulato una nuova definizione di crediti "inesistenti" e ha introdotto, per la prima volta, una nozione esplicita di crediti "non spettanti", collocando le nuove definizioni rispettivamente nell'articolo 1, lettere g-quater) e g-quinquies), del decreto legislativo n. 74 del 2000.
In particolare, la citata lettera g-quater) definisce "inesistenti":
- “i crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella normativa di riferimento” e
- “i crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi di cui al numero 1 sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici”.
Poi, la citata lettera g-quinquies) definisce "non spettanti":
- “i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento”;
- “i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito”;
- “i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza”.
Le riportate definizioni trovano collocazione nel decreto legislativo n. 74 del 2000, dunque in tema di reati tributari, ma risultano valevoli anche in tema di sanzioni tributarie non penali, poiché il riformulato articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dispone che “salvo quanto previsto al comma 4-ter, si considerano inesistenti ovvero non spettanti i crediti rispettivamente previsti dall'art. 1, comma 1, lettere g-quater) e g-quinquies) del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74”.
Sotto il profilo sanzionatorio, il quadro normativo in tema di utilizzo di crediti inesistenti e non spettanti è il seguente.
Quanto alle sanzioni penali, l'articolo 10-quater, comma 2, del decreto legislativo n. 74 del 2000 prevede, per l'utilizzo di crediti inesistenti, la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni e per l'utilizzo in compensazione di crediti di importo annuo superiore a 50.000 euro e, per l'utilizzo in compensazione di crediti non spettanti, la pena della reclusione da sei mesi a due anni. Limitatamente alla fattispecie di indebita compensazione di crediti non spettanti, il comma 2-bis del menzionato articolo 10-quater esclude peraltro la punibilità dell'agente laddove “anche per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari qualità che fondano la spettanza del credito”.
Quanto alle sanzioni amministrative per l'indebita compensazione di crediti inesistenti, l'articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 distingue ora due fattispecie, il cui discrimine va individuato nella causa genetica dell'inesistenza del credito. In dettaglio, il comma 5 del citato articolo 13 prevede che per l'utilizzo di crediti i cui il difetto, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, si applica la sanzione pari al settanta per cento dell'importo del credito utilizzato in compensazione; il successivo comma 5-bis dell'articolo 13 prevede, nel caso di utilizzo di un credito i cui requisiti oggettivi e soggettivi sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici, la sanzione pari al 70 per cento del credito utilizzato in compensazione aumentata dalla metà al doppio.
L’indebita compensazione di crediti non spettanti è punita, ai sensi dell’articolo 13, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 471 del 1997, con la sanzione amministrativa pari al venticinque per cento dell'importo del credito utilizzato in compensazione; sanzione che si applica anche “quando il credito è utilizzato in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi non previsti a pena di decadenza e le relative violazioni non sono state rimosse, entro i termini stabiliti dal comma 4-ter”. Il successivo comma 4-ter dell'articolo 13 dispone l'applicazione della sanzione fissa di duecentocinquanta euro per le fattispecie di utilizzo in compensazione dei crediti in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi di carattere strumentale - sempre che tali adempimenti non siano previsti a pena di decadenza - a condizione che la violazione commessa sia rimossa entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi relativa all'anno di commissione della violazione, ovvero, in assenza di una dichiarazione, entro un anno dalla commissione della violazione medesima.
La definizione esplicita di “crediti non spettanti” ha contribuito a dare certezza alla materia. Analogamente va apprezzata la scelta di dettare nozioni di “inesistenza” e “non spettanza” valevoli tanto ai fini sanzionatori penali quanto ai fini delle sanzioni amministrative tributarie, operando così una alta distinzione in precedenza prospettatasi anche da una parte della giurisprudenza di legittimità.
Si ricorda che, in attuazione della legge delega n. 111 del 2023, è stata altresì sistematizzata e uniformata anche la disciplina del recupero dei crediti oggetto di indebita compensazione attraverso l'introduzione, nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dell'articolo 38-bis, ad opera del decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13, in tema di accertamento. Nella citata norma sono contenute disposizioni dettagliate sulla procedura di recupero dei crediti non spettanti o inesistenti che l'Agenzia delle entrate deve adottare, in deroga alle disposizioni ordinarie applicabili. In particolare, per la riscossione dei crediti inesistenti e non spettanti indebitamente compensati, l'Agenzia delle entrate emana apposito atto di recupero da notificare, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello del relativo utilizzo nel caso di crediti non spettanti, ovvero entro il 31 dicembre del ottavo anno successivo in caso di crediti inesistenti.
Alla luce di quanto precede è possibile fornire in questa sede opportuni indirizzi per una corretta distinzione tra crediti d'imposta "inesistenti" e "non spettanti".
2. L'attuale definizione di credito inesistente
Rispetto al passato, nell'attuale definizione di crediti "inesistenti" è stato soppresso l'inciso "e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633"; inciso che, secondo le Sezioni Unite della Cassazione, sarebbe servito a delimitare, in qualità di “ulteriore elemento strutturale esterno alle singole previsioni di imposta” e di “elemento procedurale o percettivo di carattere obiettivo” le ipotesi configuranti “crediti inesistenti”.
L'attuale definizione di “credito inesistente” risulta così da un lato circoscritta, in modo più oggettivo, ai crediti carenti, in tutto o in parte, dei requisiti oggettivi o soggettivi indicati dalla normativa di riferimento e, dall'altro, ampliata a ricomprendere eventuali crediti inesistenti rilevati anche in occasione dei controlli automatici o formali della dichiarazione.
Riprendendo l'orientamento della ricordata sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 34419 del 2023, sono dunque ricondotti tra i crediti inesistenti quelli che difettano dei presupposti costitutivi del credito, come indicati dalle norme di riferimento, e che possono attenere tanto al soggetto che fruisce dell'agevolazione quanto all'oggetto dell'agevolazione stessa. Il credito potrebbe, in altri termini, rivelarsi inesistente perché fruito da un soggetto diverso da quello individuato dalla norma istitutiva del credito o per la mancata effettuazione dell'operazione a cui la norma ricollega la spettanza del credito o ancora per il mancato adempimento di specifici obblighi di fare o non fare previsti dalla disciplina quali elementi essenziali per la nascita del credito.
Quanto alla fonte normativa di riferimento, è tale non solo la norma primaria istitutiva delle singole fattispecie di credito d'imposta ma anche tutte le disposizioni recate da fonti secondarie (decreti ministeriali o regolamenti) specificamente richiamate dalla norma istitutiva del credito e che vanno a completare o specificare i presupposti costitutivi del credito d'imposta. In tali casi, i presupposti costitutivi, ancorché enunciati nella norma primaria istitutiva del credito, si completano solo con l'integrazione di elementi contenuti in altra fonte (ad esempio, l'individuazione specifica della tipologia di spesa, demandata dalla norma primaria all'emanazione di un decreto ministeriale). Non rilevano invece, ai fini della contestazione dell'inesistenza del credito, eventuali ulteriori fonti di dettaglio, come ad esempio manuali tecnici, che non siano oggetto di esplicito richiamo nella norma istitutiva o nelle fonti secondarie, che ne completano la disciplina ovvero per i quali il rinvio sia operato solo genericamente e non "specificamente".
Alla prima tipologia di crediti inesistenti per assenza o carenza dei presupposti costitutivi del credito si aggiunge quella che ha ad oggetto crediti fraudolenti, cioè, crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi non sono semplicemente mancanti, ma sono “oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici”. Questa fattispecie ricorre, evidentemente, anche nei casi in cui il credito sia generato artificiosamente e direttamente nel modello di pagamento F24.
3. L'attuale definizione di credito non spettante
L'articolo 1, comma 1, lettera g-quinquies) del decreto legislativo n. 74 del 2000 individua tre tipologie di crediti non spettanti, accomunate dalla circostanza che l'attività oggetto dell'agevolazione è stata comunque effettivamente svolta e il relativo credito non può pertanto considerarsi tout court inesistente.
Ad una prima tipologia di crediti non spettanti appartengono “i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza”.
Ad una seconda tipologia di crediti non spettanti appartengono “i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento”. Le “modalità di utilizzo” cui la disposizione fa riferimento possono riguardare sia le tempistiche dell'utilizzo del credito (ad esempio, credito d'imposta fruito in un unico anno anziché con la prevista ripartizione in quote annuali) sia la possibilità o meno di compensazione in funzione del tipo di debito da estinguere (ad esempio, credito d'imposta derivante dall'esercizio delle opzioni di cui all'articolo 121, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 utilizzato da banche o intermediari finanziari in compensazione di debiti previdenziali e assistenziali, in violazione del divieto introdotto dall'articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 39 del 2024), sia i casi in cui il credito insorto non è stato utilizzato in compensazione ma è stato fatto oggetto di cessione, sia infine i casi in cui il credito sia fruito oltre i limiti di compensazione di cui agli articoli 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Ad una terza tipologia di crediti non spettanti appartengono infine “i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi o oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito”. Questa è la tipologia che più significativamente riguarda i c.d. crediti d'imposta sovvenzionali (ad esempio, i crediti per le attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica) e che ha sollevato le maggiori criticità interpretative e applicative.
Questa tipologia di non spettanza si verifica quando, ferma restando la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi specificamente individuati nella normativa di riferimento, il credito d'imposta difetta di ulteriori elementi o qualità individuate da fonti tecniche di dettaglio non specificamente richiamate dalla normativa, primaria e secondaria, dell'agevolazione.
Vale ricordare che per favorire la fruizione dei crediti d'imposta in condizioni di certezza operativa ed evitare controversie sulla qualificazione delle spese effettuate dall'impresa, l'articolo 23, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2022, n. 122, ha previsto la possibilità, per le imprese interessate, di chiedere, a soggetti qualificati, una certificazione attestante la qualificazione degli investimenti, sia già effettuati sia ancora da effettuare, al precipuo scopo di farne riscontrare la compatibilità con l'ammissibilità al beneficio fiscale previsto per tali impieghi di risorse.
La certificazione, in particolare, può essere chiesta, sempre che eventuali violazioni relative all'utilizzo dei crediti d'imposta non siano state già constatate con processo verbale di constatazione, a riscontro: a) della qualificazione degli investimenti, effettuati o da effettuare, ai fini della loro classificazione nell'ambito delle attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design e innovazione estetica; b) della qualificazione delle attività di ricerca e sviluppo ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9; c) della qualificazione delle attività di innovazione tecnologica finalizzate al raggiungimento di obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica ai fini dell'applicazione della maggiorazione dell'aliquota del credito d'imposta prevista dal quarto periodo del comma 203, nonché dai commi 203-quinquies e 203-sexies dell'articolo 1 della legge n 160 del 2019.
Dal tenore della lettera della norma primaria è legittimo desumere che il riferimento alla già avvenuta effettuazione degli investimenti ovvero alla loro successiva effettuazione riguardi altresì i casi di cui alle lettere b) e c) che precedono.
Ai sensi dell'articolo 23, comma 4, del citato decreto-legge n. 73 del 2022 “Ferme restando le attività di controllo previste dal comma 207 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019, la certificazione di cui al comma 2 esplica effetti vincolanti nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, tranne nel caso in cui, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti, la certificazione venga rilasciata per una attività diversa da quella concretamente realizzata. Fatto salvo quanto previsto nel primo periodo, gli atti, anche di contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato nelle certificazioni sono nulli”.
Discende allora dal letterale disposto normativo che, impregiudicate le ordinarie attività di controllo dell'Agenzia delle entrate, se il contribuente si dota di una certificazione che attenga alle richiamate tipologie di crediti d'imposta, rilasciata dai soggetti qualificati ammessi a sottoscriverla, che attesti la qualificazione tecnica degli investimenti, effettuati o da effettuare, e che riguardi l'attività concretamente realizzata, un eventuale atto, impositivo o sanzionatorio, che contesti la fruizione del credito sotto l'unico profilo della qualificazione dell'investimento potrà essere censurato sotto il profilo della sua nullità, con tutte le relative possibili conseguenze sul piano giuridico, secondo i principi generali.
Come detto, la certificazione può essere chiesta anche dopo l'avvenuta effettuazione degli investimenti, purché eventuali violazioni relative all'utilizzo dei crediti d'imposta non abbiano già formato oggetto di un processo verbale di constatazione. Sarebbe allora auspicabile, in questi casi, che il contribuente che si munisce della certificazione ne dia collaborativamente comunicazione all'Amministrazione finanziaria, anche per evitare eventuali contestazioni unicamente incentrate sul profilo della qualificazione tecnica dell'investimento.
Gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria si atterranno ai contenuti del presente atto di indirizzo.
Roma,
On. Prof. Maurizio Leo
Il Direttore Generale delle Finanze Dott. Giovanni Spalletta
GIOVANNI SPALLETTA MIN. ECONOMIA E FINANZE DIP. FINANZE 01.07.2025 14:15:03 UTC
¹ Cfr.: sentenza 11 dicembre 2023, n. 34419.
Crediti non spettanti o inesistenti, delineate le differenze normative
4 luglio 2025
Dal Mef chiarimenti sulla distinzione che è stata definita in modo esplicito dal decreto legislativo 87 dello scorso anno su impulso della legge delega per la riforma fiscale
In attuazione di tale finalità, il Dlgs n. 87/2024, intervenendo sulle disposizioni comuni alle sanzioni amministrative e penali, ha:
- delineato una nuova definizione di crediti inesistenti
- definito in modo esplicito, per la prima volta in via normativa, i crediti non spettanti.
Si tratta di definizioni valevoli tanto ai fini sanzionatori penali quanto ai fini delle sanzioni amministrative tributarie.
A tal riguardo, sotto il profilo penale, l’articolo 10-quater del Dlgs n. 74/2000 prevede:
- per l’utilizzo di crediti inesistenti per un importo annuo superiore a 50mila euro, la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni
- per l’utilizzo in compensazione di crediti non spettanti per un importo superiore a 50mila euro, la pena della reclusione da sei mesi a due anni. Limitatamente a tale fattispecie, il comma 2-bis del menzionato articolo 10-quater esclude, peraltro, la punibilità dell’agente laddove “anche per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari qualità che fondano la spettanza del credito”.
Sotto il profilo delle sanzioni amministrative tributarie si devono operare i seguenti distinguo, anche alla luce delle modifiche apportate dal Dlgs n. 87/2024.
Nei casi di indebita compensazione attraverso l’utilizzo crediti inesistenti:
- la sanzione è pari al 70% dell’importo del credito utilizzato in compensazione qualora quest’ultimo sia privo, in tutto o in parte, dei requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento (cfr articolo 13, comma 5, Dlgs n. 471/1997)
- la citata sanzione del 70% è aumentata dalla metà al doppio se i requisiti oggettivi e soggettivi del credito sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni e artifici (cfr articolo 13, comma 5-bis, Dlgs n. 471/1997).
Nei casi di indebita compensazione mediante l’utilizzo di crediti non spettanti, l’articolo 13, comma 4-bis, del Dlgs n. 471/1997, prevede una sanzione pari al 25% dell’importo del credito utilizzato in compensazione; tale sanzione si applica anche “quando il credito è utilizzato in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi non previsti a pena di decadenza e le relative violazioni non sono state rimosse, entro i termini stabiliti dal comma 4-ter”.
Inoltre, in base al successivo comma 4-ter, si applica la sanzione fissa di 250 euro quando il credito è utilizzato in compensazione in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi di carattere strumentale, sempre che siano rispettante entrambe le seguenti condizioni:
- gli adempimenti non siano previsti a pena di decadenza
- la violazione sia rimossa entro il citato termine di presentazione della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi relativa all’anno di commissione della violazione, ovvero, in assenza di una dichiarazione, entro un anno dalla commissione della violazione medesima.
L’attività di recupero dei crediti indebitamente utilizzati in compensazione è, invece, disciplinata dall’articolo 38-bis del Dpr n. 600/1973, il quale prevede la notifica di un apposito atto, da effettuarsi, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno e dell’ottavo anno successivo a quello dell’utilizzo del credito stesso a seconda che l’indebita compensazione sia avvenuta rispettivamente mediante crediti non spettanti e inesistenti.
In questo contesto si inserisce l’atto di indirizzo, firmato dal viceministro dell’Economia e delle Finanze, con cui si forniscono importanti chiarimenti relativamente alle nozioni di crediti non spettanti e inesistenti.
La nozione di crediti inesistenti
Tenuto conto di quanto disposto dal Dlgs n. 87/2024, attuativo della riforma fiscale, rientrano nella nozione di crediti inesistenti quelli per i quali:
- “mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento”
- oppure i cui citati requisiti “sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni artifici”.
Viene, quindi, superata la precedente definizione contenuta nell’articolo 13, comma 5, del Dlgs n. 471/1997, secondo cui si consideravano inesistenti i crediti privi, in tutto o in parte, del presupposto costitutivo e non riscontrabili mediante i controlli automatizzati e formali (ossia “i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr n. 600/1973, e all’articolo 54-bis del decreto Iva, Dpr n. 633/1972”). Come, quindi, evidenziato dall’atto di indirizzo, l’attuale definizione di credito inesistente “risulta così da un lato circoscritta, in modo più oggettivo, ai crediti carenti, in tutto o in parte, dei requisiti oggettivi o soggettivi indicati dalla normativa di riferimento e, dall’altro, ampliata a ricomprendere eventuali crediti inesistenti rilevati anche in occasione dei controlli automatici o formali della dichiarazione”.
Ciò detto, l’atto di indirizzo chiarisce che:
- i presupposti costitutivi del credito, indicati nelle norme di riferimento, la cui assenza determina l’inesistenza del credito “possono attenere tanto al soggetto che fruisce dell’agevolazione quanto all’oggetto dell’agevolazione stessa. Il credito potrebbe, in altri termini, rivelarsi inesistente perché fruito da un soggetto diverso da quello individuato dalla norma istitutiva del credito o per la mancata effettuazione dell’operazione a cui la norma ricollega la spettanza del credito o ancora per il mancato adempimento di specifici obblighi di fare o non fare previsti dalla disciplina quali elementi essenziali per la nascita del credito”
- per “normativa di riferimento” si intende “non solo la norma primaria istitutiva delle singole fattispecie di crediti d’imposta ma anche tutte le disposizioni recate da fonti secondarie (decreti ministeriali o regolamenti) espressamente richiamate dalla norma istitutiva del credito e che vanno a completare o specificare i presupposti costitutivi del credito d’imposta. In tali casi, i presupposti costitutivi, ancorché enunciati nella norma primaria istitutiva del credito, si completano solo con l’integrazione di elementi contenuti in altra fonte (ad esempio, l’individuazione specifica della tipologia di spesa, demandata dalla norma primaria all’emanazione di un decreto ministeriale). Non rilevano, invece, ai fini della contestazione dell’inesistenza del credito, eventuali ulteriori fonti di dettaglio, come ad esempio manuali tecnici, che non siano oggetto di esplicito richiamo nella norma istitutiva o nelle fonti secondarie che ne completano la disciplina ovvero per i quali il rinvio sia operato solo genericamente” e non specificamente
- rientrano nei crediti “oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni artifici” anche quelli generati artificiosamente e direttamente nel modello di pagamento F24.
La nozione di crediti non spettanti
Come anticipato, con il Dlgs n. 87/2024, sono stati, per la prima volta, definiti in via normativa, i crediti non spettanti.
Rientrano in tale categoria tre differenti fattispecie.
La prima è costituita dai “crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza”.
La seconda è data dai “crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, da quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento”. Come chiarito dall’atto di indirizzo, la violazione delle “modalità di utilizzo” che determina la non spettanza può riguardare:
- le tempistiche dell’utilizzo del credito (ad esempio, credito d’imposta fruito in un unico anno anziché con la prevista ripartizione in quote annuali)
- la possibilità o meno di compensazione in funzione del tipo di debito da estinguere (si pensi ad esempio, al credito d’imposta relativo ai bonus edilizi derivante dall’esercizio delle opzioni di cui all’articolo 121, comma 1, del Dl n. 34/2020 utilizzato da banche o intermediari finanziari in compensazione di debiti previdenziali e assistenziali, in violazione del divieto introdotto dall’articolo 4-bis, comma 1, del Dl n. 39/2024)
- i casi in cui il credito insorto non è stato utilizzato in compensazione ma è stato fatto oggetto di cessione
- i casi in cui il credito sia fruito oltre i limiti di compensazione di cui agli articoli 1, comma 53, della legge n. 244/2007 e 34 della legge n. 388/2000 (ora confluito nell’articolo 3 del Dlgs n. 33/2025).
La terza categoria di crediti non spettanti è, infine, costituita dai “crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito”. Si tratta, spesso, dei crediti d’imposta sovvenzionali, quali, ad esempio, i crediti per le attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica.
Tale non spettanza, chiarisce l’atto di indirizzo, si verifica “quando, ferma restando la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi specificamente individuati nella normativa di riferimento, il credito d’imposta difetta di ulteriori elementi o qualità individuate da fonti tecniche di dettaglio non specificamente richiamate dalla normativa, primaria e secondaria, dell’agevolazione”.
Al fine di favorire la fruizione dei crediti d’imposta in condizioni di certezza operativa ed evitare controversie sulla qualificazione delle spese effettuate, il Dl n. 73/2022, all’articolo 23, ha consentito alle imprese di richiedere a soggetti qualificati il rilascio di una certificazione, che attesti la qualificazione di determinati investimenti effettuati o da effettuare al fine di verificare la loro compatibilità con la misura agevolativa.
Nello specifico, la certificazione può essere chiesta, sempre che eventuali violazioni relative all’utilizzo dei crediti non siano già state constatate con processo verbale di constatazione, a riscontro:
- della qualificazione degli investimenti, effettuati o da effettuare, ai fini della loro classificazione nell'ambito delle attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design e innovazione estetica
- della qualificazione delle attività di ricerca e sviluppo ai sensi dell’articolo 3 del Dl n. 145/2013
- della qualificazione delle attività di innovazione tecnologica finalizzate al raggiungimento di obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica ai fini dell’applicazione della maggiorazione dell’aliquota del credito d'imposta prevista dal quarto periodo del comma 203, nonché dai commi 203-quinquies e 203-sexies dell’articolo 1 della legge n. 160/2019.
Precisiamo che il riferimento alla già avvenuta effettuazione degli investimenti o alla loro successiva effettuazione riguarda anche le spese degli ultimi due punti sopra citati.
Ciò chiarito, l’atto di indirizzo ricorda che, alla luce di quanto disposto dal citato articolo 23, comma 4, impregiudicate le ordinarie attività di controllo dell’Agenzia delle entrate, qualora il contribuente si doti della “certificazione che attenga alle richiamate tipologie di crediti d’imposta, rilasciata dai soggetti qualificati ammessi a sottoscriverla, che attesti la qualificazione tecnica degli investimenti, effettuati o da effettuare, e che riguardi l’attività concretamente realizzata, un eventuale atto, impositivo o sanzionatorio, che contesti la fruizione del credito sotto l’unico profilo della qualificazione dell’investimento, potrà essere censurato sotto il profilo della sua nullità, con tutte le relative possibili conseguenze sul piano giuridico, secondo i principi generali”.
Tale certificazione può essere chiesta anche dopo l’avvenuta effettuazione degli investimenti, purché eventuali violazioni relative all’utilizzo dei crediti d’imposta non abbiano già formato oggetto di un processo verbale di constatazione. In base alle indicazioni contenute nell’atto di indirizzo, sarebbe auspicabile, in questi casi, che il contribuente che si sia munito della certificazione ne dia collaborativamente comunicazione all’Amministrazione finanziaria, anche per evitare eventuali contestazioni unicamente incentrate sul profilo della qualificazione tecnica dell’investimento.
Con l’atto d’indirizzo del 1° luglio 2025, firmato dal viceministro dell’Economia e delle Finanze, vengono forniti importanti chiarimenti relativamente alle nozioni di crediti d’imposta non spettanti e inesistenti. La distinzione tra crediti inesistenti e non spettanti è un tema centrale, rispetto al quale, anche in giurisprudenza, si sono delineati diversi indirizzi interpretativi, come dimostra l’intervento delle sezioni unite nel dicembre 2023 (cfr Cassazione n. 34419/2023).Tenuto, quindi, conto delle perduranti incertezze interpretative, la legge delega per la riforma fiscale ha individuato, tra i propri obiettivi, quello di delineare “una più rigorosa distinzione normativa, anche sanzionatoria, tra le tipologie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti”.


