Il principio del FAVOR REI

E' un principio che va a favore dell'inquisito (tradotto letteralmente dal latino significa "a favore del reo", ossia del colpevole).

INDICE

  1. Normativa
  2. Rassegna stampa

NORMATIVA

IL PRINCIPIO FONDAMENTALE DELLA GIUSTICIA PENALE

Il principio del favor rei è una regola giuridica che stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge successiva, non è più considerato una violazione punibile. Questo principio si basa sul concetto di retroattività della legge penale più favorevole all’imputato.

SANZIONI AMMINISTRATIVE PER LE VIOLAZIONI DI NORME TRIBUTARIE

DECRETO LEGISLATIVO 18 dicembre 1997, n. 472
Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
note: Entrata in vigore del decreto: 1-4-1998 (Ultimo aggiornamento all'atto pubblicato il 30/12/2020)

Art. 3
Principio di legalità


1. Nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione.
2. Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato.
3. Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo.


RASSEGNA STAMPA

FiscoOggi  22/12/2005

Il decreto legislativo 74/2000 e il principio del favor rei
22 Dicembre 2005
La disciplina abrogata. I principi della legge di riforma. L'abolizione del principio di ultrattività Le nuove fattispecie incriminatrici. La giurisprudenza della Corte di cassazione e il favor rei

L'abolizione del principio di ultrattività

L'articolo 24 del Dlgs 507/99 ha abrogato l'articolo 20 della legge 4/1929, il quale disponeva, nel testo vigente al momento della sua abrogazione, che "le disposizioni penali delle leggi finanziarie si applicano ai fatti commessi quando tali disposizioni erano in vigore, ancorché le disposizioni medesime siano abrogate o modificate al tempo della loro applicazione".
Con l'abrogazione di tale principio, previsto alla luce della eccezionalità della normazione penale-tributaria e il cui fine era, evidentemente, quello di rendere maggiormente temibile la sanzione penale in tale materia, tornano applicabili nel sistema penale-tributario i principi generali dell'ordinamento penale, in particolare l'articolo 2 del codice penale(6).
Tale articolo, infatti, oltre a stabilire, in conformità all'articolo 25 della Costituzione, che nessuno può essere punito per un fatto che non costituiva reato al momento della sua realizzazione, pone il fondamentale principio del favor rei(7), secondo cui, tra l'altro, "nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e se vi è stata condanna, ne cessano la esecuzione e gli effetti penali".
Il principio, come si potrà notare, è diametralmente opposto a quello di ultrattività delle sanzioni penali (che era vigente, al momento della sua abrogazione, per le sole leggi in materia finanziaria); tanto è vero che esso viene anche definito principio di "iperretroattività della legge abolitrice", operante, come detto, per fatti pregressi (relativamente ai quali vi siano o meno procedimenti in corso(8)), anche se relativi a sentenze passate in giudicato(9) (ciò con esclusivo riferimento al comma 2 dell'articolo 2 c.p.).

Sono opportune due considerazioni sul tema:

la depenalizzazione non influisce sulle obbligazioni civili (ad esempio, le spese processuali, cfr. Cass. pen. n. 1029/93) generate dal fatto che costituiva reato, o a esso conseguenti; altrettanto si può dire, naturalmente, per l'eventuale obbligazione tributaria tutelata dall'abrogata sanzione penale
il principio del favor rei ricomprende anche le eventuali modifiche della normativa non penale che rientrino nella legge incriminatrice; per legge incriminatrice "deve intendersi il complesso di tutti gli elementi rilevanti ai fini della descrizione del fatto" (Cass. S.U. 8342/87), comprese quindi le norme "tecniche" o definitorie della legislazione amministrativo-tributaria.

La giurisprudenza della Corte di cassazione e il favor rei
La recente sentenza n. 1994 del 25/1/2005, della Cassazione sezione penale, ha esaminato un caso di dichiarazione fraudolenta ad opera del rappresentante legale di una società in nome collettivo. Il reato, commesso precedentemente alla riforma operata dal Dlgs 74/2000 (dichiarazioni inerenti periodi d'imposta dal 1988 al 1995) non risultava abrogato poiché la documentazione contabile falsificata era confluita nella dichiarazione dei redditi, e l'importo evaso oltrepassava la soglia di punibilità prevista dall'articolo 3 del Dlgs 74/2000.
Nel controllo su quale fosse il trattamento sanzionatorio più favorevole per il contribuente, il giudizio della Cassazione ha considerato meno gravosa la disciplina prevista dall'abrogata legge 516/82, poiché:

  • "la misura edittale della pena principale detentiva è più mite (...)
  • la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici ha durata più breve (...)
  • il periodo prescrizionale è più breve (...)".

Un caso di vera e propria abrogazione della precedente fattispecie si registra invece nella sentenza n. 27/2000 del 25/10-7/11/2000, delle Sezioni unite penali della Corte di cassazione.
La Corte ha autorevolmente statuito che la nuova fattispecie di dichiarazione fraudolenta di cui all'articolo 2 del Dlgs n. 74 del 2000 assorbe l'ipotesi prodromica di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, già sanzionata dall'articolo 4, lettera d, legge n. 516/1982, "perché, pur contenendo alcuni elementi descrittivi del fatto già previsti dalla norma preesistente, presenta tuttavia ulteriori elementi non riconducibili alla precedente figura, postulando in particolare "l'indicazione" in dichiarazione di elementi passivi fittizi, non richiesta invece dall'art. 4 lett. d) L. n. 516".
L'"indicazione in dichiarazione" è stata valutata dalla Corte come elemento eterogeneo rispetto alla previgente previsione incriminatrice, che spezza il nesso di continuità punitiva, facendo intervenire una vera e propria "abolitio criminis".
Di analogo tenore la recente sentenza della III sezione penale della Corte di cassazione n. 33290/2005 (28/4-13/9/2005).

Queste considerazioni sulla natura e sull'estensione delle singole fattispecie incriminatrici, alla luce delle rilevanti conseguenze nel caso concreto, sono necessarie per stabilire la portata delle norme vigenti, e l'inquadramento della fattispecie concreta che il pubblico ufficiale si troverà a fronteggiare ed eventualmente a segnalare all'Autorità giudiziaria come notizia di reato, ex articolo 331 c.p.p.
Segnalazioni vaghe o infondate porterebbero, inevitabilmente, a un aggravamento del carico degli uffici giudiziari, con la conseguente perdita di deterrenza delle sanzioni penali, applicate a una minima parte delle fattispecie portate all'attenzione del pubblico ministero.