La detassazione degli investimenti ambientali e i riflessi sul fotovoltaico ("Il fisco" n.45 del 2010, pag. 1-7272)

 

 Fonte: http://www.studiocerutti.it/novita.html

 

La detassazione degli investimenti ambientali e i riflessi sul fotovoltaico

di Pamela Alberti

 

(in "il fisco" n. 45 del 2010, pag. 1-7272)

 

ABSTRACT - La detassazione degli investimenti ambientali, di cui all’art. 6, commi da 13 a 19, della L. n. 388/2000, è un’agevolazione “automatica” che consente di effettuare una variazione in diminuzione dell’imponibile, da operare in sede di dichiarazione dei redditi, pari all’eccedenza degli investimenti ambientali realizzati nel periodo d’imposta rispetto alla media di quelli effettuati nei due periodi d’imposta precedenti. Tale agevolazione presenta delle indubbie difficoltà applicative, dovute, da un lato, all’individuazione degli investimenti ambientali agevolabili e, dall’altro, all’approccio incrementale richiesto nel calcolo di tali investimenti. Ciononostante la disposizione agevolativa assume particolare rilevanza per le Pmi che intendono investire nella variabile ambientale, considerando che sembrerebbero rientrare nell’ambito applicativo del beneficio fiscale anche gli impianti fotovoltaici.

 

1. Premessa

L’art. 6, commi da 13 a 19, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (Finanziaria 2001) ha introdotto un’agevolazione volta ad incentivare le piccole e medie imprese che realizzano investimenti “ambientali”.

L’agevolazione, non prevedendo una scadenza temporale (1), è ancora oggi a regime.

Tale disposizione, destinata alla sole Pmi in contabilità ordinaria, assume particolare rilevanza per le imprese che intendono investire nella variabile ambientale, posto che consente di detassare gli investimenti ambientali effettuati.

In particolare, la norma stabilisce che gli investimenti ambientali diretti a prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito. Il metodo di calcolo, tuttavia, non è dei più semplici. Come si vedrà meglio in seguito, occorre effettuare un confronto con la media degli investimenti ambientali realizzati nel biennio antecedente e seguire un approccio di tipo “incrementale” nel calcolo degli stessi.

È inoltre prevista una disposizione antielusiva, in virtù della quale l’agevolazione viene meno nel caso in cui i beni acquistati siano ceduti entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui sono effettuati gli investimenti ambientali.

Di seguito si riepilogano i tratti salienti dell’agevolazione, con particolare attenzione all’ambito applicativo della stessa. Ci si chiede, infatti, se tale beneficio fiscale possa essere utilizzato anche per gli impianti fotovoltaici, investimenti “verdi” molto utilizzati dalle imprese.

 

2. Ambito soggettivo

Beneficiarie dell’agevolazione sono le piccole e medie imprese, senza alcuna limitazione territoriale o settoriale.

Sulla base dei chiarimenti forniti dalla circ. dell’Agenzia delle Entrate 3 gennaio 2001, n. 1/E (2) (paragrafo 1.4.6), è possibile affermare che:

• la nozione di piccola e media impresa rilevante ai fini del beneficio è quella fornita a livello comunitario;

• per fruire della detassazione, la Pmi deve essere in regime di contabilità ordinaria.

Con riferimento ai parametri da prendere in considerazione per la definizione di Pmi, si ricorda che la raccomandazione della Commissione europea 6 maggio 2003 n. 2003/361/CE ha sostituito, a partire dal 1° gennaio 2005, la precedente raccomandazione n. 96/280/CE. Tale provvedimento è stato recepito a livello nazionale dal D.M. 18 aprile 2005, che:

• fornisce le indicazioni necessarie per la determinazione della dimensione aziendale ai fini della concessione di aiuti alle attività produttive;

• si applica alle imprese operanti in tutti i settori produttivi.

Secondo quanto affermato dall’art. 2 del D.M. 18 aprile 2005, la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (comunemente Pmi) è costituita dalle imprese che hanno:

• meno di 250 occupati;

• un fatturato annuo (3) non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo (4) non superiore a 43 milioni di euro.

Con riferimento al primo parametro, per occupati s’intendono i dipendenti dell’impresa a tempo determinato o indeterminato, iscritti nel libro matricola dell’impresa e legati all’impresa da forme contrattuali che prevedono il vincolo di dipendenza, fatta eccezione di quelli posti in cassa integrazione straordinaria (5). Il numero degli occupati corrisponde al numero di unità lavorative anno (Ula), cioè al numero medio mensile di dipendenti occupati a tempo pieno durante un anno; ai fini del calcolo Ula, i lavoratori part-time e quelli stagionali rappresentano frazioni di Ula.

Il fatturato annuo e il totale di bilancio devono essere riferiti all’ultimo bilancio approvato prima dell’esercizio in cui avviene l’investimento agevolato. Se nell’esercizio precedente l’impresa era esonerata dalla contabilità ordinaria e/o dalla redazione del bilancio, le predette informazioni devono essere desunte, per quanto riguarda il fatturato, dall’ultima dichiarazione dei redditi presentata e, per quanto riguarda l’attivo patrimoniale, dal prospetto delle attività e passività redatto con i criteri di cui al D.P.R. 23 dicembre 1974, n. 689, e in conformità agli artt. 2423 e seguenti del codice civile (6).

 

3. Gli investimenti ambientali

Ai sensi del comma 15 dell’art. 6 della L. n. 388/2000, per investimento ambientale s’intende il costo d’acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all’art. 2424, comma 1, lettera B, n. II, del codice civile, necessarie per prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente.

Nel costo d’acquisto sono compresi gli oneri accessori di diretta imputazione, ai sensi dell’art. 110, comma 1, lettera b), del Tuir. Sono quindi inclusi, ad esempio, i costi di trasporto e di collaudo.

Con la ris. 25 luglio 2005, n. 95 (7), l’Agenzia delle Entrate ha altresì chiarito che possono fruire dell’agevolazione anche i beni acquisiti mediante leasing finanziario, in virtù della tendenziale equivalenza tra l’acquisto o la realizzazione del proprio bene e l’acquisizione effettuata tramite contratto di leasing (8).

 

3.1. Immobilizzazioni materiali

Sotto il profilo “contabile”, stante il richiamo alle immobilizzazioni materiali, sono agevolabili i costi relativi alle immobilizzazioni iscritte nella voce B.II dell’attivo di Stato patrimoniale civilistico. Sono quindi agevolabili gli investimenti ambientali effettuati in:

• terreni e fabbricati;

• impianti e macchinari;

• attrezzature industriali e commerciali;

• altri beni;

• immobilizzazioni in corso e acconti.

Con riferimento a tale ultimo punto, potrebbe porsi un problema relativo alla valutazione di tale voce, considerato che la norma fa riferimento al costo d’acquisto. Pertanto, per i cespiti totalmente o parzialmente costruiti in economia dall’impresa, può essere considerato il costo di fabbricazione comprensivo dei costi diretti e della quota parte delle spese generali di fabbricazione (9).

Il comma 16 dell’art. 6 della L. n. 388/2000 prevede l’obbligo di rappresentare in bilancio gli investimenti ambientali realizzati. Come si vedrà meglio in seguito, gli investimenti ambientali devono essere valutati con il c.d. “approccio incrementale”. Al riguardo, “nel rispetto dei principi generali che sovrintendono la disciplina del bilancio, pare opportuna l’iscrizione in un’apposita voce denominata ‘Immobilizzazioni tecniche ambientali’, dei soli costi incrementali anziché dell’intero costo d’acquisto sostenuto per l’asset. A favore di tale scelta contabile, indotta da una preferenza per l’approccio c.d. incrementale, depone il principio generale della comparabilità dei bilanci”. Ciò vuol dire, da un punto di vista operativo, che effettuato un investimento in immobilizzazioni tecniche per un determinato importo riconducibile per una quota parte ad uno o più specifici impianti ambientali, solamente il controvalore di questi ultimi troverà evidenziazione in un’apposita voce denominata “Immobilizzazioni tecniche ambientali” nell’ambito della macro classe “Immobilizzazioni Materiali”, mentre la restante parte seguirà il consueto trattamento contabile. Si segnala tuttavia che, secondo una versione più restrittiva dell’approccio incrementale, l’intero costo andrebbe imputato alla voce generica “Impianti”, a prescindere dalla parziale motivazione ambientale in quanto l’iscrizione nella posta “Immobilizzazioni tecniche ambientali” risulterebbe giustificata solamente in presenza di una esclusiva motivazione ambientale” (10). Entrambe le accezioni dell’approccio incrementale, comunque, differiscono dal diverso approccio globale (non utilizzabile per l’agevolazione in esame) secondo il quale, in presenza di un investimento riconducibile solo in parte a motivazioni ambientali, l’iscrizione nella voce “Investimenti per immobilizzazioni ambientali” avviene per l’intero importo sostenuto, anche se non tutto l’investimento ha un immediato ritorno ambientale.

Tornando all’ambito applicativo dell’agevolazione, sono escluse le immobilizzazioni immateriali, nonostante possano concorrere alla realizzazione di un impatto ambientale positivo. Tale esclusione va ricondotta soprattutto alla difficoltà di identificazione e misurazione delle spese pluriennali immateriali (11). Si pensi, a mero titolo esemplificativo, alla ricerca ambientale: nonostante la rilevanza dell’investimento nella suddetta ricerca, la riconoscibilità dell’utilità pluriennale della stessa presenta ampi margini di discrezionalità.

 

3.2. Nozione di investimento ambientale

Quanto alla nozione di investimento ambientale, la norma fa riferimento a quegli investimenti che consentono di prevenire, ridurre o riparare i danni causati all’ambiente. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che si tratta dei danni causati all’ambiente “dall’attività d’impresa” (12).

In assenza di una precisa descrizione di cosa debba intendersi per investimento ambientale, si può far riferimento a quanto previsto in ambito comunitario.

Secondo tale impostazione, le spese ambientali sono le spese relative alle attività che hanno come oggetto principale ed intenzionale la riduzione o l’eliminazione dell’inquinamento, nonché la prevenzione dei fenomeni di degrado qualitativo ambientale. Questi costi comprendono, tra gli altri, lo smaltimento e la minor produzione di rifiuti, la tutela delle acque di superficie e freatiche, la conservazione e il miglioramento della qualità dell’aria, la rimozione dei materiali inquinanti nell’edilizia, la ricerca di prodotti, materie prime e processi di produzione più adatti all’ambiente (13).

La norma agevolativa precisa altresì che sono esclusi dall’ambito applicativo del beneficio fiscale gli investimenti realizzati per obbligo di legge. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, ad investimenti di bonifica ambientale effettuati esclusivamente per norma di legge. Al fine di fruire dell’agevolazione è quindi necessario il requisito della “volontarietà” dell’investimento ambientale. Pertanto, sono agevolabili gli investimenti relativi all’acquisto di un depuratore per le acque reflue che consente di minimizzare l’emissione di sostanze dannose oltre i parametri di legge (14).

È altresì considerato agevolabile l’acquisto di una nuova cabina di verniciatura automatica a polvere in sostituzione di una funzionante al fine di ottenere un aumento della produttività e un minor impatto ambientale in termini di produzioni di polveri da vernici di scarto da smaltire, di minori emissioni atmosferiche nonché di miglioramento dell’ambiente di lavoro per i prestatori d’opera (in tal senso, ris. Agenzia delle Entrate 11 luglio 2002, n. 226) (15).

Quanto poi ai costi legati a multe o sanzioni di tipo amministrativo dovuti alla mancata osservanza di regolamenti ambientali, occorre sottolineare che tali costi non possono essere inclusi nella definizione di costo ambientale; diversamente, i costi ambientali si incrementerebbero proprio nei bilanci di quelle imprese che sviluppano o hanno sviluppato comportamenti contrari all’ambiente (16).

 

3.3. Approccio incrementale

Gli investimenti ambientali vanno calcolati, ai sensi del comma 15 dell’art. 6 della L. n. 388/2000, con l’approccio incrementale.

Secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate con la ris. n. 226 dell’11 luglio 2002, gli investimenti ambientali devono essere determinati secondo l’approccio incrementale, in base al quale “i benefici per gli investimenti ambientali sono rigorosamente limitati ai costi di investimento supplementare (sovraccosti) necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale”; “il metodo di calcolo dell’investimento supplementare deve, comunque, ispirarsi a criteri oggettivi basati, per esempio, sul costo di un investimento analogo sotto il profilo tecnico ma che non consenta di raggiungere lo stesso grado di tutela ambientale”.

L’utilizzo della tecnica comparativa consente quindi di isolare la componente ambientale “migliorativa” dell’investimento, il quale, generalmente, è composto anche da una componente di avanzamento tecnologico. Pertanto, come sopra esposto, è opportuno indicare distintamente il valore “ambientale” in apposita voce dello Stato patrimoniale. In particolare, al fine di chiarire l’approccio descritto, si consideri il seguente esempio numerico: si supponga che un impianto di valore 1.500 abbia una valenza ambientale per 500. In tal caso, invece di indicare complessivamente quale costo del macchinario 1.500, pare opportuno indicare 1.000 nella voce ordinaria “Macchinari” e 500 nella sottovoce appositamente creata “Immobilizzazioni tecniche ambientali”. Sarà inoltre opportuno fornire in Nota integrativa la descrizione delle voci “ambientali”.

Oltre ai chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria in relazione alle modalità applicative dell’approccio incrementale, occorre considerare anche quanto precisato dal paragrafo 37 della Comunicazione della Commissione Europea 3 febbraio 2001 C/37, normativa espressamente richiamata dalla ris. n. 226/2002. Secondo la normativa comunitaria, “i costi ammissibili devono essere calcolati al netto dei vantaggi di spesa ottenuti nei primi cinque anni di vita dell’impianto e delle produzioni accessorie aggiuntive realizzate nell’arco dello stesso periodo quinquennale”.

Occorre altresì segnalare che, con specifico riferimento agli investimenti realizzati tramite leasing, la ris. n. 95/E/2005 ha precisato che, nella quantificazione dell’importo agevolabile secondo il descritto “approccio incrementale”, dovrà farsi riferimento al costo dei predetti beni sostenuto dal concedente per l’acquisto dei beni stessi, al netto delle spese di manutenzione. Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, non rileva, in nessun caso, il prezzo pattuito per il riscatto.

 

4. Determinazione e fruizione dell’agevolazione

L’agevolazione consiste nell’esclusione dalla formazione del reddito imponibile, ai fini delle imposte sul reddito, degli investimenti ambientali come sopra definiti. In pratica, si tratta di una detassazione, ossia di una variazione in diminuzione da operare in sede di dichiarazione dei redditi (17).

La fruizione del beneficio fiscale è automatica, non essendo richiesta la presentazione di alcuna istanza preventiva.

Con riferimento al calcolo dell’agevolazione, il comma 19 dell’art. 6 della L. n. 388/2000 statuisce che la quota di reddito esclusa da imposizione “corrisponde all’eccedenza rispetto alla media degli investimenti ambientali realizzati nei due periodi d’imposta precedenti” (18).

In pratica, l’abbattimento dell’imponibile è determinato dapprima calcolando il valore medio annuo degli investimenti ambientali compiuti nel biennio precedente e successivamente si provvede a dedurre tale valore medio dall’ammontare dell’investimento ambientale realizzato nell’anno (19).

La formula da applicare è quindi la seguente (20):

I.A. (n-1) + I.A. (n-2)

Detassazione = I.A. (n) - -----------------------------

2

dove

I.A. (n) = investimento ambientale operato nell’anno n, con n = anno 2010

I.A. (n-1) = investimento ambientale operato nell’anno n-1 (anno 2009)

I.A. (n-2) = investimento ambientale operato nell’anno n-2 (anno 2008).

Ai fini di una miglior comprensione, si consideri il seguente esempio numerico.

Nell’anno 2010 viene effettuato un investimento ambientale, calcolato mediante approccio incrementale, pari a 10.000. Si supponga che la media degli investimenti ambientali effettuati nel biennio precedente sia pari a 7.000.

Di conseguenza, l’impresa Alfa srl può detassare 3.000 (10.000-7.000), ossia l’eccedenza del valore dell’investimento effettuato rispetto alla media di quelli realizzati nel biennio antecedente.

Nel caso in cui la media degli investimenti ambientali effettuati nel biennio precedente fosse invece pari, per ipotesi, a 12.000, l’investimento ambientale pari a 10.000 non potrebbe godere di alcun beneficio fiscale.

]Di seguito, si riepiloga in forma tabellare il citato esempio.

Investimento ambientale 2010 Approccio incrementale (a)

Media investimenti ambientali 2008-2009 (b)

Detassazione (a-b)

 

10.000

7.000

3.000

 

10.000

12.000

NO

 

In ordine all’operatività dell’agevolazione, stante il riferimento alle sole imposte sul reddito, la detassazione opera soltanto ai fini Irpef/Ires, non anche ai fini Irap.

Si consideri l’esempio numerico sopra riportato, in cui l’impresa Alfa srl può fruire della detassazione per 3.000. Supponendo un reddito imponibile per il 2010 pari a 5.000, l’impresa dovrà calcolare l’Ires su un imponibile di 2.000 (5.000-3.000); pertanto, l’impresa verserà imposte dirette per 550 (27,5% di 2.000) e non per 1.375 (27,5% di 5.000), con un risparmio d’imposta pari a 825.

Né la norma né i chiarimenti ufficiali forniscono indicazioni qualora l’ammontare agevolato sia superiore alla base imponibile ai fini delle imposte dirette, ossia in caso di incapienza delle imposte del periodo. In pratica, nel caso in cui l’impresa Alfa srl abbia una perdita pari a 1.000 nell’anno 2010, ci si chiede se la detassazione di 3.000 possa essere riportata, analogamente a quanto previsto con riferimento alla Tremonti-ter e alla Tremonti-quater, nei successivi periodi d’imposta, andando a creare o incrementare l’importo delle perdite riportabili.

In assenza di espresse indicazioni nella norma, l’agevolazione sembrerebbe esclusa nel casoin cui il reddito non sia capiente (21).

È stato tuttavia osservato che “la soluzione più razionale, tuttavia, parrebbe il riporto in avanti della quota di reddito investito che non abbia goduto del beneficio nel primo esercizio utile a tal fine. In tal senso, sebbene si riferisca al regime di detassazione del reddito d’impresa reinvestito (c.d. regime Tremonti) che – da un punto di vista strutturale – presenta numerose affinità con la norma in commento, si è espresso nel 1994 il Ministero delle finanze con propria circolare” (22), ossia con la circ. 27 ottobre 1994, n. 181 (23).

Occorre peraltro sottolineare che, in assenza di un esplicito divieto di cumulo della detassazione per gli investimenti ambientali, l’agevolazione sembrerebbe liberamente utilizzabile con altri incentivi. Al riguardo, è intervenuta la ris. Agenzia delle Entrate 11 luglio 2002, n. 226, precisando, con riferimento alla c.d. Tremonti-bis, che l’ammontare cumulato dei benefici non può essere superiore al costo dell’investimento agevolato.

 

5. Detassazione e impianti fotovoltaici

Come si è già avuto modo di approfondire, oggetto dell’agevolazione sono gli investimenti ambientali intesi quali costi sostenuti dalle Pmi per prevenire, ridurre o riparare i danni causati all’ambiente dall’attività d’impresa.

Alla locuzione investimento ambientale si associano istintivamente gli investimenti effettuati in impianti fotovoltaici, che consentono di produrre in proprio, sfruttando l’energia solare, l’energia elettrica necessaria per il funzionamento dell’impresa e di immettere sul mercato quella eccedente i fabbisogni specifici.

Tali impianti rientrano certamente nell’ambito delle immobilizzazioni materiali di cui alla voce B.II, a prescindere dalla circostanza che gli stessi siano considerati beni mobili o immobili. Brevemente, se da un lato l’Agenzia delle Entrate (24) afferma che “l’impianto fotovoltaico non costituisce un impianto infisso al suolo in quanto normalmente i moduli che lo compongono (i pannelli solari) possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originale funzionalità”, dall’altro l’Agenzia del Territorio (25) ha considerato gli impianti fotovoltaici posizionati sul suolo quali opifici, ossia quali unità immobiliari. Con riferimento alla classificazione di bilancio (26):

• qualora si tratti di impianti fotovoltaici con integrazione architettonica, gli stessi sono iscritti in bilancio nella voce “terreni e fabbricati” (B.II.1 attivo SP);

• in caso di impianto fotovoltaico non integrato o impianto fotovoltaico parzialmente integrato, l’impianto deve essere iscritto nella voce “impianti e macchinari” (B.II.2 attivo SP).

Pertanto, in entrambe le ipotesi viene soddisfatto il requisito di iscrizione tra le immobilizzazioni materiali previsto dalla norma agevolativa, essendo irrilevante, ovviamente solo ai fini dell’agevolazione in esame, la classificazione degli impianti fotovoltaici (27).

Ciò che può destare alcuni dubbi in ordine all’applicazione dell’agevolazione in esame agli impianti fotovoltaici è invece la nozione stessa di investimento ambientale, volta a premiare le imprese che sostengono costi per “migliorare” il proprio impatto sull’ambiente.

L’impianto fotovoltaico sembrerebbe rientrare nel novero degli investimenti ambientali preventivi, posto che tale tipologia di impianto consente di ridurre le emissioni di CO2 nell’ambiente rispetto all’uso di energia “tradizionale”. Pertanto, determinando un impatto ambientale positivo, tale tipologia di impianto sembrerebbe rientrare nell’ambito oggettivo della detassazione di cui all’art. 6 della L. n. 388/2000.

Tanto premesso, in relazione alla possibilità di misurare l’effettiva energia generata dall’impianto fotovoltaico, occorre osservare che gli impianti connessi alla rete (o “grid connected”) sono dotati di contatore che registra a debito i consumi di energia elettrica dell’utenza e a credito l’energia elettrica di fonte fotovoltaica immessa nella rete, previa conversione in corrente alternata operata dall’inverter. In tal modo è possibile conoscere l’effettiva energia utilizzata dall’impresa. Ne consegue dunque che gli impianti fotovoltaici sembrerebbero, a maggior ragione, rientrare nell’ambito applicativo della detassazione.

Cumulabilità con la tariffa incentivante

Alla luce dell’ammissibilità degli impianti fotovoltaici all’agevolazione in esame, un’ulteriore questione si pone con riferimento alla cumulabilità della detassazione con la c.d. tariffa incentivante. Si tratta del sistema di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica, meglio noto come “conto energia” (28).

Ai sensi dell’art. 6, comma 3, del D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 115 “gli strumenti di incentivazione di ogni natura attivati dallo Stato per la promozione dell’efficienza energetica, non sono cumulabili con ulteriori contributi comunitari, regionali, locali, fatta salva la possibilità di cumulo con i certificati bianchi”. Pertanto, i benefici del conto energia (tariffa incentivante e relativi premi incrementativi) non possono essere cumulati con contributi pubblici finalizzati alla realizzazione dell’impianto, se non nei limiti espressamente previsti dall’art. 9, comma 1, del D.M. 19 febbraio 2007 (29). Ad esempio, le tariffe incentivanti e i relativi premi non sono cumulabili con gli incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale e comunitaria, in conto capitale e/o in conto interessi, con capitalizzazione anticipata, eccedenti il 20% del costo dell’investimento.

Nel caso di specie, tuttavia, l’agevolazione per gli investimenti ambientali di cui all’art. 6, commi 13-19, della L. n. 388/2000 non ha natura di contributo, essendo una detassazione; infatti, il beneficio fiscale consiste in una variazione in diminuzione dell’imponibile da operare in sede di dichiarazione dei redditi pari all’eccedenza degli investimenti ambientali realizzati nel periodo d’imposta rispetto alla media di quelli effettuati nei due periodi d’imposta precedenti (30).

Occorre tuttavia segnalare che il Gestore dei servizi energetici (Gse), sentito il Ministero dello sviluppo economico, in una notizia pubblicata sul proprio sito datata 24 settembre 2010, ha precisato che la detassazione Tremonti-ter configura un risparmio di spesa e costituisce di per sé un contributo pubblico incompatibile, in quanto tale, con gli incentivi previsti per la produzione da fonti rinnovabili dalla Finanziaria 2008 (certificati verdi e tariffa onnicomprensiva).

Sulla base di tali precisazioni, le agevolazioni fiscali sotto forma di detassazione sarebbero qualificabili, secondo il Gse, come contributi pubblici: di conseguenza, in quanto tali, sarebbero cumulabili solo parzialmente con la tariffa incentivante (nei limiti stabili dal citato D.M. 19 febbraio 2007).

Tale limitazione di cumulo, tuttavia, suscita alcune perplessità per le ragioni sopra esposte, che vale la pena ribadire. La Tremonti-ter e, a maggior ragione, la detassazione per gli investimenti ambientali:

• non ha natura di contributo, ma di variazione in diminuzione dal reddito imponibile;

• rappresenta una posta di carattere extra-contabile che, a differenza dei contributi, non deve essere rilevata in bilancio.

 

6. Disposizione antielusiva

 

Il comma 14 dell’art. 6 della L. n. 388/2000 prevede una disposizione antielusiva, volta a scoraggiare la cessione nel breve termine dei beni acquistati utilizzando l’agevolazione in esame.

In particolare, qualora i beni oggetto di investimento ambientali siano ceduti entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui gli investimenti ambientali sono stati effettuati, il reddito escluso dall’imposizione si determina diminuendo l’ammontare degli investimenti ambientali di un importo pari alla differenza tra i corrispettivi derivanti dalle predette cessioni e i costi sostenuti nello stesso periodo d’imposta per la realizzazione degli investimenti ambientali.

La norma fa riferimento alla sola “cessione”.

Si consideri il seguente esempio numerico, mutuato dalla circ. n. 1/2001. Si supponga che:

• le immobilizzazioni materiali acquistate nel 2009, del valore di 1.000, vengano cedute nel corso del 2010 a fronte di un corrispettivo pari a 800;

• nel corso del 2010 siano stati effettuati nuovi investimenti ambientali per 2.000.

In tal caso, il reddito non assoggettato ad imposizione nel periodo d’imposta 2010 è pari a 1.800 [2.000 - (1.000-800)].

7. Conclusioni

La detassazione per gli investimenti ambientali effettuati dalle Pmi è un’agevolazione a regime, che consente di ridurre il reddito imponibile per una quota pari all’eccedenza degli investimenti ambientali realizzati nel periodo d’imposta rispetto alla media degli investimenti ambientali realizzati nei due periodi d’imposta precedenti.

Tale agevolazione si applica agli investimenti ambientali, realizzati volontariamente dall’impresa, che consentono di prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente. Al fine di calcolare gli investimenti ambientali occorre utilizzare un approccio incrementale.

Con riferimento all’ambito applicativo dell’agevolazione, la norma fa riferimento alle sole immobilizzazioni materiali, ossia ai cespiti inclusi nella voce B.II dell’attivo di Stato patrimoniale civilistico.

In tale voce, come meglio descritto sopra, rientrano anche gli impianti fotovoltaici.

Tali impianti, consentendo di ridurre l’emissione di CO2 nell’ambiente rispetto all’utilizzo dell’energia “tradizionale”, sembrerebbero rientrare nel novero degli investimenti ambientali preventivi e, in quanto tali, nell’ambito applicativo dell’agevolazione di cui all’art. 6, commi da 13 a 19, della L. n. 388/2000. Peraltro, tali impianti sembrerebbero poter essere oggetto della detassazione in esame ancorché si applichi la c.d. tariffa incentivante.

 


Note:

(1) In tal senso, si veda G. Gavelli, Legge Finanziaria 2001: agevolazione per investimenti ambientali, in “il fisco” n. 8/2001, pagg. 3072 e seguenti.

(2) In banca dati “fisconline”.

(3) Il fatturato corrisponde alla voce A1 di Conto economico [art. 2, comma 5, lettera a), del D.M. 18 aprile 2005]. In particolare, per fattura s’intende l’importo netto del volume d’affari che comprende gli importi provenienti dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi rientranti nelle attività ordinarie della società, diminuiti degli sconti concessi sulle vendite nonché dell’Iva e delle altre imposte connesse al volume d’affari.

(4) Per totale di bilancio s’intende il totale dell’attivo patrimoniale [art. 2, comma 5, lettera b), del D.M. 18 aprile 2005].

(5) Art. 2, comma 5, lettera c), del D.M. 18 aprile 2005.

(6) Art. 2, comma 6, lettera a), del D.M. 18 aprile 2005.

(7) In banca dati “fisconline”.

(8) Sulla tematica si veda anche L. Fornero, Detassazione per investimenti ambientali: agevolabilità dei beni acquisiti in leasing, in “Pratica fiscale e professionale” n. 34/2005, pag. 35.

(9) Circ. Aristeia “Investimenti ambientali” di aprile 2001, pag. 8.

(10) Aspetti ambientali nell’informativa del bilancio d’esercizio, Task Force Ambientale del Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti - Consiglio nazionale dei Ragionieri.

(11) Cfr. M. Chiara, Investimenti ambientali: la detassazione degli utili, in “Pratica contabile” n. 4/2001, pagg. 47 e seguenti.

(12) Circ. n. 1/E/2001, paragrafo 1.4.6.

(13) Cfr. Raccomandazione della Commissione UE del 30 maggio 2001 relativa alla valutazione e divulgazione delle informazioni ambientali nei conti annuali e nelle relazioni sulla gestione delle società (2001/453/CE). Tale impostazione è stata altresì richiamata dalla circ. Aristeia “Investimenti ambientali” di aprile 2001.

(14) In tal senso, si veda M. Cisi, Investimenti ambientali e reddito delle Pmi, in “Impresa C.I.” n. 1/2001, pag. 27.

(15) In banca dati “fisconline”.

(16) Circ. Aristeia “Investimenti ambientali” di aprile 2001, pag. 2.

(17) Sulle modalità per fruire della detassazione, si è espressa la ris. Agenzia delle Entrate 5 agosto 2010, n. 78. In particolare, occorre indicare nel rigo residuale delle variazioni in diminuzione, con il codice 99, l’ammontare detassato.

(18) Tale modalità di calcolo si applica a decorrere dal periodo d’imposta 2003. Per i primi due periodi d’imposta di operatività (2001 e 2002), l’agevolazione spettava per l’intero importo degli investimenti ambientali realizzati nell’anno.

(19) Circ. Aristeia “Investimenti ambientali” di aprile 2001, pag. 11.

(20) Si veda circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2001, paragrafo 1.4.6.

(21) In tal senso, si veda G. Gavelli, Legge Finanziaria 2001: agevolazione per investimenti ambientali, in “il fisco” n. 8/2001, pagg. 3072 e seguenti.

(22) Aristeia “Investimenti ambientali” di aprile 2001, pag. 12.

(23) In banca dati “fisconline”.

(24) Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 23 giugno 2010, n. 38/E, paragrafo 1.8.a, in “il fisco” n. 28/2010, fascicolo n. 1, pag. 4490.

(25) Cfr. ris. Agenzia del Territorio 6 novembre 2008, n. 3/T.

(26) In tal senso, si vedano A. Vasapolli-G. Vasapolli, L’ammortamento degli impianti fotovoltaici e delle centrali elettriche, in “Bilancio e reddito d’impresa” n. 9/2010, pag. 10.

(27) Sotto il profilo contabile, invece, la classificazione quale bene mobile o immobile determina dei riflessi rilevanti, primo fra tutti quello relativo ai coefficienti di ammortamento applicabili all’impianto.

(28) Sul punto, si vedano F. Dezzani-L. Dezzani, Impianti fotovoltaici realizzati da imprese - La tariffa incentivante è qualificata contributo in conto esercizio, in “il fisco” n. 10/2010, fascicolo n. 1, pag. 1447.

(29) Con riferimento agli impianti che entreranno in esercizio dal 1° gennaio 2011, si dovrà fare riferimento al D.M. 6 agosto 2010.

(30) Tale orientamento pare altresì implicitamente supportato dalla circ. Assonime 26 febbraio 2010, n. 7 (paragrafo 9) in materia di Tremonti-ter. L’Associazione, sostenendo la natura di deduzione

IL DOCUMENTO E' STATO INOLTRE CARICATO NELL'AREA RISERVATA DEL SITO