4535 - Incentivi fiscali a rischio trascinamento dopo l’interpretazione sui contributi Covid (ItaliaOggi - 17/11/2025)

Incentivi fiscali a rischio trascinamento dopo l’interpretazione sui contributi Covid

(Italia Oggi – 17/11/2025 – Francesco Leone)

La recente interpretazione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate sui contributi Covid-19 rischia di produrre effetti anche su numerose agevolazioni fiscali erogate sotto forma di credito d’imposta, come R&S, R&S&I, Transizione 4.0 e 5.0.

Il nodo è la lettura dell’art. 10-bis del Dl 137/2020, secondo cui i contributi Covid non concorrono al reddito ma sono rilevanti per il meccanismo di sterilizzazione delle perdite fiscali previsto dall’art. 84 del Tuir. L’Agenzia, applicando un approccio strettamente giuridico, considera tali contributi come “proventi esenti”, riducendo così la possibilità delle imprese di utilizzare le perdite fiscali maturate.

Se questo ragionamento venisse esteso agli altri crediti d’imposta che riportano la stessa formula legislativa (“il credito non concorre al reddito né all’Irap”), gli incentivi finirebbero per essere assoggettati allo stesso trattamento, con pesanti conseguenze: la detassazione del credito verrebbe riassorbita tramite la riduzione delle perdite fiscali.

Il Ministero dell’Economia, interrogato sul punto, non ha chiarito se ritiene concreto il rischio di trascinamento; al contrario, l’Agenzia ha già sostenuto tesi simili in alcune decisioni delle Corti di giustizia tributaria.

Il contrasto nasce dalla diversa natura economica delle misure:

  • i contributi Covid compensavano perdite straordinarie e costi fissi,
  • gli incentivi fiscali premiano investimenti aggiuntivi, con la scelta legislativa di massimizzare l’effetto agevolativo tramite la detassazione del provento.

Per evitare interpretazioni dannose, il Consiglio nazionale dei commercialisti propone una norma di interpretazione autentica sull’art. 10-bis, mentre Assonime suggerisce un intervento più ampio sull’art. 84 del Tuir, chiarendo che la regola della sterilizzazione delle perdite riguarda solo i proventi espressamente definiti “esenti”.


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ITALIA OGGI 17/11/2025

Dal credito d'imposta R&S al 5.0: l'interpretazione restrittiva può coinvolgere altre misure

Incentivi a rischio di trascinamento

FISCO

di Francesco Leone;

L'interpretazione sulla natura dei contributi Covid-19 fornita dell'Agenzia delle entrate rischia di trascinare nel dibattito gran parte delle misure sovvenzionali, a carattere generale e nazionale, degli ultimi anni.

Una disposizione analoga a quella contenuta nell'art. 10-bis del decreto legge n. 137/2020 è prevista per i principali contributi che sono stati fruiti e sono tuttora fruibili sotto forma di crediti d'imposta:

- Il credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, introdotto dall'art. 3 del decreto legge n. 145/2013 (“credito R&S”);

- Il credito d'imposta per attività di ricerca, sviluppo, innovazione e ideazione estetica di cui all'art. 1, comma 184 e seguenti della legge n. 160/2019 (“credito R&S&I”);

- Il credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali di cui all'art. 1, comma 1051 e seguenti, della legge n. 178/2020 (“credito 4.0”);

- Il credito d'imposta per gli investimenti Transizione 5.0 di cui all'art. 38 del decreto legge n. 19/2024 (“credito 5.0”).

In tutti i citati incentivi è prevista la medesima disposizione “Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito nonché della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”. La stessa disposizione contenuta nel citato art. 10-bis e che ha formato oggetto dell'interpretazione restrittiva da parte dell'Agenzia delle entrate.

Applicando in modo estensivo il ragionamento proposto dall'Agenzia, allora gli effetti sarebbero gli stessi anche per gli incentivi fiscali. Anche per questi ultimi c'è il richiamo alle norme di indeducibilità degli interessi passivi e delle spese generali da cui discende, per l'Agenzia, la qualificazione dei proventi derivanti dai crediti d'imposta come “esenti”. Analogamente, le norme istitutive degli incentivi fiscali non prevedono nessuna esclusione del provento dal meccanismo di sterilizzazione delle perdite fiscali di cui all'art. 84, così da rendere applicabile regola prevista da tale ultimo articolo, comma 1, terzo periodo del Tuir secondo cui la perdita fiscale è diminuita dei proventi esenti per la parte del loro ammontare che eccede i componenti non dedotti ai sensi dell'art. 109, comma 5, del Tuir.

Il rischio che la lettura dell'Agenzia potesse coinvolgere molte altre misure agevolative era stato accennato anche nel testo del quesito a cui poi il Ministero dell'economia e delle finanze ha risposto nell'interrogazione n. 5-04589. Tuttavia, non è chiaro se il Mef consideri effettivo il rischio di “trascinamento” derivante dall'interpretazione restrittiva applicata ai contributi Covid-19. Al contrario, l'Agenzia delle entrate è ben consapevole di questo rischio e con riferimento alle norme agevolative si rilevano precedenti nelle Corti di giustizia tributaria (Cgt I Trento 11/10/2024 n. 492/24; Cgt I Frosinone 27/3/2024 n. 172/2024) in cui viene avallato l'orientamento dell'amministrazione finanziaria. I contributi Covid-19 e i crediti d'imposta rispondono a logiche economiche profondamente diverse. I primi rappresentano dei contributi a fondo perduto erogati con la finalità di compensare, almeno in parte, gli effetti economici e finanziari subiti dalle imprese a seguito dell'emergenza epidemiologica. In sostanza, i contributi Covid-19 miravano a sterilizzare le perdite civilistiche che le imprese stavano maturando per effetto della forte contrazione e di costi fissi e ordinari che continuavano a gravare sulle imprese. Se la norma lo avesse espressamente previsto, sarebbe stata coerente anche la sterilizzazione delle perdite fiscali. Per queste ultime, in sostanza, la sterilizzazione poteva trovare giustificazione nel fatto che l'impresa non risultava realmente incisa dalla perdita, essendo economicamente e finanziariamente coperta dal contributo.

Di converso, gli incentivi fiscali rappresentano uno strumento di stimolo agli investimenti. La condizione per fruirne, cioè, è data da un comportamento “attivo” delle imprese a cui viene riconosciuto un “premio” (il beneficio fiscale) solo dopo aver effettuato nuovi investimenti, sostenendo costi aggiuntivi e quindi straordinari. Per i citati incentivi, la scelta legislativa sembra essere stata quella di massimizzare l'agevolazione, riconoscendo il credito d'imposta e la “detassazione” del provento (talvolta limitandola al limite complessivo del costo sostenuto dall'impresa), consentendo di contro la piena deducibilità dei costi specificatamente sostenuti per ottenere il beneficio fiscale. In detto contesto, la “detassazione” del provento consente di neutralizzare fiscalmente il provento, così da conseguire la perdita fiscale che sarebbe maturata in assenza del credito d'imposta. Lo stesso meccanismo che opererebbe nel caso di un'impresa in utile e con un reddito imponibile: la “detassazione” del provento consente di conseguire lo stesso reddito imponibile che sarebbe maturato senza il credito d'imposta. Come accennato, si è trattato di una scelta operata per questa tipologia di incentivi fiscali ma senza che essa possa erigersi a regola generale. Vi sono contributi, anch'essi fruiti sotto forma di credito d'imposta, per i quali è stata effettuata una scelta di segno opposto, prevedendo la tassazione del contributo (si pensi, per esempio, al credito d'imposta Mezzogiorno e oggi al credito cosiddetto Zes).

Come sopra segnalato, però, l'Agenzia relativamente ai contributi Covid-19 non ha operato un ragionamento fondato sulla ratio dell'agevolazione e quindi sugli aspetti economici e sostanziali, bensì ha articolato un ragionamento prettamente giuridico e, a proprio parere, basato sui principi generali del Tuir. Su tali presupposti, giuridici non economico-sostanziali, l'Agenzia ha messo in dubbio anche i meccanismi applicativi dei crediti d'imposta che condividono la medesima formulazione legislativa di “detassazione” prevista per i contributi Covid-19.

Al fine di risolvere la questione, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ha proposto, in audizione al parlamento, un emendamento alla legge di bilancio 2026 al fine di introdurre una norma di interpretazione autentica con riferimento all'articolo 10-bis del decreto legge n. 137/2020 che acclari la non rilevanza dei contributi Covid ai fini dell'art. 84, comma 1, terzo periodo del Tuir. Ben più ampia la proposta di Assonime che nell'approfondimento n. 2/2025 propone una norma di interpretazione autentica che riguardi l'intero art. 84, comma 1, terzo periodo, del Tuir al fine di chiarire che la regola prevista da detta disposizione riguarda esclusivamente i componenti positivi espressamente qualificati come proventi esenti e non quelli che genericamente “non concorrono a formare il reddito d'impresa” come gli incentivi fiscali. Sul punto va ricordato che, in passato, per altri incentivi come la cosiddetta Tremonti-ter (decreto legge del 1° luglio 2009, n. 78) e la cosiddetta Tremonti-quater (decreto legge del 25 marzo 2010, n. 40), la normativa prevedeva riferimenti più precisi, specificando chiaramente che i proventi erano considerati “esclusi dall'imposizione sul reddito di impresa”.