4657 - Credito inesistente e credito non dovuto - Superbonus e sconto in fattura: se i lavori sono reali il credito non può dirsi inesistente (Agenzia delle entrate - Risposta n.348/2023)

 Risposta n. 348 del 14/06/2023

Superbonus – sconto in fattura – errore nella fattura e nella comunicazione all'Agenzia delle entrate – sanzioni applicabili alla compensazione del credito – articolo 13 d.lgs. 471 del 1997 - pdf


PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

L'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, stabilisce che «4.
Nel caso di utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore
a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti
si applica, salva l'applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per
cento del credito utilizzato.


5. Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento
delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura
dei creditistessi.[...] Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto
o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante
controlli di cui agli articoli 36­bis e 36­ter del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54­bis del decreto del Presidente della Repubblica
-26 ottobre 1972, n. 633».

Una prima interpretazione, circa la differenza tra inesistenza e non spettanza del
credito, è già stata fornita con la risoluzione 8 maggio 2018, n. 36/E, con cui è stato
chiarito che:
«Con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, di riforma del sistema
sanzionatorio amministrativo, è stata introdotta, all'articolo 13 del decreto legislativo n.
471 del 1997, una definizione normativa di credito inesistente ­ da cui, a contrario, far
derivare la definizione di credito non spettante ­ e uno specifico regime sanzionatorio
nell'ambito della disposizione dedicata agli omessi versamenti. Contestualmente, è
stato abrogato l'articolo 27, comma 18, del decreto legge n. 185 del 2008. Allo
stato, quindi, si definisce inesistente ''il credito in relazione al quale manca, in
tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile

mediante controlli di cui agli artt. 36­bis e 36­ter del Decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'art. 54­bis del Decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.'' Tale definizione consente, tra le altre, di
tenere conto della molteplicità dei crediti agevolativi presenti in ambito fiscale, così
diversamente configurati dalle singole leggi istitutive, evitando che possa essere irrogata
al contribuente una sanzione particolarmente grave nel caso in cui sussistano i requisiti
sostanziali previsti dalla norma istitutiva del credito, ma non siano stati posti in essere
esclusivamente gli adempimenti di natura formale (e sempreché l'effettuazione di detti
adempimenti non sia considerata elemento costitutivo di maturazione del credito dalle
stesse norme). Ilriferimento operato alriscontro dell'esistenza del credito da utilizzare in
compensazione mediante procedure automatizzate rappresenta, peraltro, una condizione
ulteriore rispetto a quella dell'esistenza sostanziale del credito ed è volta a evitare
che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, fruito in compensazione
indebitamente, possa comunque essere ''intercettato'' mediante controlli automatizzati
(circostanza, questa, che priva la condotta del contribuente di quella lesività idonea a
giustificare la più grave misura sanzionatoria)».

Successivamente, anche la Corte di cassazione, con le sentenze n. 34444 e 34445,
entrambe depositate il 16 novembre 2021, ha precisato che la definizione di credito
inesistente si desume dall'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997,
secondo cui si considera tale il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte,
il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile attraverso i controlli
di cui agli articoli 36­bis e 36­ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del
1973 e all'articolo 54­bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

Devono, dunque, ricorrere entrambi i requisiti per considerare inesistente il
credito, ossia:
1) deve mancare il presupposto costitutivo (il credito non emerge dai dati
contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente);
2) l'inesistenza non deve essere riscontrabile con controlli automatizzati o formali.

Ne deriva, a contrario, che se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi non spettante.

In sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che
lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, «ossia priva di
elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di
fraudolenza», non rilevabile attraverso l'attività di controllo automatizzato o formale, in
conseguenza del confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti conservati
ed esibiti dal contribuente; perché il credito sia non spettante e necessario, invece,
che la non sussistenza dei presupposti costitutivi del credito sia intercettabile in sede di
controllo automatizzato o formale.

Tale principio è stato recepito anche dalla Cassazione penale con la sentenza n.
7615 del 3 marzo 2022.

Ciò detto, nella fattispecie rappresentata con l'interpello in oggetto, l'istante
chiede di chiarire se ­ nell'ipotesi di ''annullamento'' della comunicazione di ''sconto
in fattura'' e successivo riversamento del credito già compensato, a fronte di interventi
agevolabili realmente eseguiti, benché in favore di un soggetto individuato in fattura
con un codice fiscale diverso ­ la sanzione da applicare sia quella prevista dal comma
4 del predetto articolo 13 (credito ''non spettante''), o, piuttosto, quella contemplata dal
successivo comma 5 (credito ''inesistente'').

Si ricorda, anzitutto, che l'articolo 121 del decreto­legge 19 maggio 2020, n. 34,
convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 17 luglio
2020, n. 77 ­ con riferimento alle spese sostenute negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e
2024, per gli interventi elencati al comma 2 della medesima norma [tra cui figurano quelli
contemplati dall'articolo 119 del medesimo decreto (cd. superbonus)] ­ al comma 1,
introduce la possibilità di «optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante,
alternativamente:
a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a
un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno
effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di
importo pari alla detrazione spettante [...];
b) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti,
compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari [...]».

Per quanto di interesse ai fini del presente interpello, la norma in parola precisa
altresì che:
«1­bis. L'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno
stato di avanzamento dei lavori. Ai fini del presente comma, per gli interventi di cui
all'articolo 119 gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per
ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno
il 30 per cento del medesimo intervento. [...]

3. I crediti d'imposta di cui al presente articolo sono utilizzati in compensazione
ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sulla base delle rate
residue di detrazione non fruite. Il credito d'imposta è usufruito con la stessa ripartizione
in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione [...]».

A tal proposito, con provvedimento 3 febbraio 2022, prot. n. 35873, integrato
con le modifiche apportate dal provvedimento 10 giugno 2022, prot. n. 202205, al punto
5, si precisa che «5.1. I cessionari e i fornitori utilizzano i crediti d'imposta di cui al
punto 3 esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo
n. 241 del 1997, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite dal beneficiario
originario. Il credito d'imposta è fruito con la stessa ripartizione in quote annuali con
la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione, a decorrere dal giorno 10 del mese
successivo alla corretta ricezione della Comunicazione di cui al punto 4 e comunque
non prima del 1° gennaio dell'anno successivo a quello di sostenimento delle spese.
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5.2. Ai fini di cui al punto 5.1: a) i cessionari e i fornitori sono
tenuti preventivamente a confermare l'esercizio dell'opzione, esclusivamente con le
funzionalità rese disponibili nell'area riservata del sito internet dell'Agenzia delle
entrate (d'ora in poi definite ''Piattaforma cessione crediti'') [...]».

La circolare 6 ottobre 2022, n. 33/E, al paragrafo n. 5, ha poi chiarito che «I
crediti derivanti da cessioni o sconti validamente comunicati in ciascun mese sono resi
disponibili, entro il giorno 10 del mese successivo, nella procedura web denominata
''Piattaforma cessione crediti'' (Piattaforma), accessibile dall'area riservata del sito
internet dell'Agenzia delle entrate. Il soggetto che riceve il credito, cessionario o
fornitore, può utilizzarlo in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del d.lgs. n. 241
del 1997 oppure cederlo ulteriormente nei limiti stabiliti dalle norme succedutesi nel
tempo, dopo averlo accettato nella Piattaforma; in caso di errore nella Comunicazione,
il soggetto che riceve il credito deve rifiutare la cessione, sempre tramite la Piattaforma.
[...]

L'errore ­ o l'omissione ­ relativo a dati della Comunicazione che incidono su
elementi essenziali della detrazione spettante e quindi del credito ceduto può essere
definito sostanziale (ad esempio, è un errore sostanziale l'errata indicazione del codice
dell'intervento da cui dipende la percentuale di detrazione spettante e/o il limite dispesa,
oppure del codice fiscale del cedente).[enfasi aggiunta ndr]
Al fine di consentire la corretta circolazione dei crediti ed evitare difficoltà ai
titolari delle detrazioni, oltre che ai cessionari e ai fornitori, è consentito l'annullamento,
su richiesta delle parti, dell'accettazione di crediti derivanti da comunicazioni di prime
cessioni o sconti non corrette. Con l'annullamento dell'accettazione del credito il plafond
del credito compensabile in capo al cessionario viene contestualmente ridotto del
relativo importo. [...]

Il beneficiario della detrazione può inviare una nuova Comunicazione con le
consuete modalità, purché non sia scaduto il termine annuale previsto per l'invio della
stessa. Nel paragrafo successivo, relativo alla remissione in bonis, sono illustrati i
presupposti che consentono l'invio della Comunicazione anche dopo la scadenza del
termine ordinario».

Ciò premesso, nella fattispecie rappresentata dall'istante, anche a seguito
dell'esame della documentazione integrativa prodotta, è emerso che:
-­ l'istante, pur intestando correttamente al condominio [BETA], le fatture emesse
in data 10 dicembre 2021 e 20 ottobre 2022 ­ rispettivamente con riferimento al primo
e al secondo SAL ­ ed inserendo, nella relativa descrizione dell'oggetto dell'operazione,
la giusta dicitura «Opere di riqualificazione energetica presso condominio [BETA] in
via [...] Foglio [...] Particella [...]», ha però erroneamente indicato il codice
fiscale [...] in luogo di quello corretto;
­- le comunicazioni di ''sconto in fattura'', relative ad entrambi i SAL, risultano
trasmesse, nei mesi di dicembre 2021 e novembre 2022, per conto del codice fiscale
errato [...];
­ -a seguito di accettazione del credito originato dalla comunicazione trasmessa,
con riferimento al primo SAL, nel mese di dicembre 2021, l'istante ha, quindi,
compensato la totalità dell'importo ricevuto in data 16 febbraio 2022;

-­ l'istante ­ a seguito dell'annullamento della comunicazione, relativa al secondo
SAL, ad opera della Direzione provinciale di [...] ­ preso atto dell'errore commesso, ha
annullato ''totalmente'' l'operazione originaria:
a) emettendo, in data 8 dicembre 2022, due note di variazione in diminuzione in
base all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 a totale
''storno'' delle fatture errate;
b) emettendo, in data 9 dicembre 2022, le fatture corrette relative al primo e
secondo SAL in favore del condominio [BETA];
­-essendo nel frattempo terminati i lavori, è stata poi presentata per conto del
condominio [BETA] una nuova comunicazione di ''sconto in fattura'', per ogni intervento,
senza suddivisione in SAL, che richiama le ''spese sostenute'' nell'anno 2022 e, dunque,
lo sconto concesso all'atto dell'emissione delle fatture datate 9 dicembre 2022.
Come detto, il credito agevolativo in favore del fornitore si origina solo a seguito
di accettazione della comunicazione dell'opzione di sconto, concesso al beneficiario
originario dell'agevolazione fiscale.
Nel caso di specie, il credito compensato ''si ricollega'' ad un intervento ­
secondo quanto descritto dall'istante, realmente eseguito e fatturato correttamente,
nell'intestazione e nella parte descrittiva ­ con la sola eccezione dell'errata indicazione
del codice fiscale del fruitore dei lavori agevolabili.
Ciò nondimeno, l'errata indicazione del codice fiscale, sia nelle fatture emesse
che nelle comunicazioni inviate, rappresenta un errore sostanziale, che ha reso necessaria
la ''correzione'' dell'operazione ab origine e il riversamento del credito ''indebitamente''
utilizzato, in quanto sorto da una comunicazione poi annullata.

La rettifica dell'operazione ­ mediante storno e sostituzione delle fatture
originarie, oltre all'invio della nuova comunicazione ­ di fatto ha ''rigenerato'' il credito, il
cui presupposto costitutivo (i lavori eseguiti a favore del condominio [BETA]), tuttavia,
può dirsi esistente già dal 2021.


Invero, benché la nuova comunicazione richiami le spese sostenute nell'anno 2022
e, dunque, lo sconto concesso all'atto dell'emissione delle fatture datate 9 dicembre 2022,
è evidente come l'intervento fatturato resti il medesimo, come si evince dall'intestazione
e dalla parte descrittiva delle fatture stornate.
Conseguentemente, il credito in parola può dirsi ''reale'', benché ''correttamente''
maturato solo a seguito dell'accettazione della comunicazione della nuova opzione di
sconto e, dunque, ''non spettante'' al momento della compensazione eseguita a febbraio
del 2022.

Stante quanto sopra, la sanzione applicabile al caso di specie è quella disposta
dall'articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, che, come detto,
punisce l'«utilizzo di [...] un credito d'imposta esistenti [...] in violazione delle modalità
di utilizzo previste dalle leggi vigenti», ovvero, nel caso di specie, prima dell'invio della
comunicazione corretta.

La sanzione in parola resta, comunque, ravvedibile ex articolo 13 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e ­ fino al 30 settembre 2023 ­sanabile anche tramite
il c.d. ravvedimento ''speciale'', nei termini e con le modalità disciplinate dall'articolo 1,
commi da 174 a 178, della legge 29 dicembre 2022, n. 197