Dipendente e Amministratore, attività compativili ma distinte (www.editweb.com - 6/2/2012)

 

Lunedì 06/02/2012

"DIPENDENTE" E "AMMINISTRATORE", ATTIVITA` COMPATIBILI MA DISTINTE

a cura di: FiscoOggi

 

 

 

 
Al lavoratore e` consentito svolgere entrambe le funzioni nella stessa societa`, purche` siano estranee e diverse fra loro e tale separazione sia evidente e provata.

 

La Commissione tributaria provinciale di Firenze, con la sentenza 141/04/2009, aveva gia` respinto il ricorso di una societa`, che si opponeva al recupero dell`Ufficio relativo alla deducibilita` della retribuzione per prestazione di lavoro dipendente, ai sensi dell`articolo 95, comma 1 (gia` articolo 62), del Tuir, erogata al dirigente che ricopriva anche funzioni di amministratore. La pronuncia di primo grado viene confermata dalla Ctr Toscana con la sentenza 4/30/12 del 30 gennaio.

 

Il giudizio atteneva dunque al problema della compatibilita` del ruolo di amministratore con quello di lavoratore dipendente, laddove la sovrapposizione delle predette funzioni nell`ambito della stessa societa`, ad avviso dell`Ufficio, doveva ritenersi ammissibile solo nel caso in cui sussistesse un vincolo di subordinazione e le attivita` svolte non rientrassero gia` nel mandato di amministratore.

Nel caso di specie, in particolare, come risultava da apposito verbale di assemblea societaria, era stata conferita al dirigente delega nel settore amministrativo, fiscale e finanziario.
Tale delega era peraltro comprensiva di un`ampia gamma di poteri, fra i quali assumevano rilevanza determinante la facolta` di compiere qualsiasi operazione e di rappresentare la societa` nei confronti della Pubblica amministrazione e in qualsiasi giudizio, la facolta` di conciliare qualsiasi controversia, di riscuotere e stipulare contratti di deposito bancario e titoli ed effettuare ogni altra operazione bancaria. Lo stesso dirigente/amministratore era poi responsabile dell`osservanza delle norme di legge anche per eventuali violazioni compiute dal personale facente parte della sua "giurisdizione".
La societa`, da parte sua, nell`impugnare gli avvisi di accertamento, eccepiva come il rapporto di lavoro dipendente del dirigente risultava confermato da regolare iscrizione al libro paga, dalle regolari buste paga e dalla documentazione delle presenze in azienda. La societa` faceva inoltre presente che esisteva un consiglio di amministrazione formato da sei membri e che solo a tale organo collegiale, oltre che al presidente, spettavano tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, con effettivi poteri gerarchici su tutto il personale dipendente.
La societa` sottolineava, infine, come, in base alla giurisprudenza della Corte suprema, la posizione di membro del consiglio di amministrazione fosse gia` stata considerata compatibile con quella di dipendente, essendo stata considerata incompatibile solo la posizione del presidente e dell`amministratore unico.

L`Ufficio, costituendosi in giudizio, evidenziava invece come la stessa Corte suprema avesse gia` riconosciuto che "Invero, in tema di idoneita` della delega di funzioni aziendali al fine di trasferire la responsabilita` incombente sul titolare dell`impresa ..." bisogna fare "ricorso al principio di effettivita`, ... il soggetto responsabile va individuato in base, non alle qualifiche formali, ma alle mansioni effettivamente esercitate nell`ambito dell`organizzazione aziendale..." (sentenza 33308/2005) e che "la cumulabilita` nello stesso soggetto della qualita` di amministratore di una societa` e di dipendente della medesima deve escludersi allorche` non sia configurabile una volonta` imprenditoriale che si formi in modo autonomo al dipendente, si` che possano attuarsi i poteri di controllo e disciplinare che caratterizzano in termini di subordinazione lo stesso svolgersi del rapporto di lavoro e in definitiva la causa del relativo negozio costitutivo" (sentenza 7562/1983).

Pur riconoscendo dunque che l`amministratore potesse anche essere, in linea teorica, un lavoratore dipendente della societa` (con deducibilita` della relativa retribuzione), l`Ufficio ribadiva pero` che tale commistione di funzioni era possibile solo a condizione che le prestazioni rese nell`ambito del rapporto di lavoro subordinato fossero estranee all`attivita` tipica di amministratore e che tale separazione fosse evidente e provata, anche considerato che "la natura subordinata, anziche` autonoma, del rapporto di lavoro non e` presunta neppure juris tantum ma deve essere dimostrata dal soggetto che la deduce" (Cassazione, sentenze 4150/1988 e 524/1989).

La Ctp di Firenze, quindi, dopo aver osservato che "l`esistenza di un rapporto di lavoro dipendente implica necessariamente la subordinazione del lavoratore e la sua soggezione al potere di controllo di direzione e disciplinare del datore di lavoro", riteneva che "nel caso di specie la posizione del Sig ... nell`ambito della societa` ... risulta connotata dalla duplice qualificazione, peraltro teoricamente ammissibile, di consigliere di amministrazione e dipendente. Tuttavia e` da considerare che il predetto consigliere di amministrazione risulta titolare di una delega per la gestione del settore amministrativo, fiscale e finanziario, a firma libera, cioe` in piena autonomia, che gli conferisce poteri talmente ampi da rendere inammissibile la concentrazione nella stessa sua persona della contemporanea asserita posizione di lavoratore dipendente, subordinato cioe` ad altrui potere di direzione e controllo".

La Ctp conclude poi affermando che "... mancando in tale asserito rapporto di lavoro, il vincolo di subordinazione, che e` imprescindibile elemento costitutivo del rapporto di lavoro dipendente e che costituisce altresi` il presupposto di cui all`art. 95 del TUIR per la deduzione del relativo costo ..." e non avendo peraltro la societa` provato che l`amministratore "svolgesse mansioni ed attivita` che potessero ritenersi non comprese nell`ampio mandato di amministratore delegato", gli avvisi di accertamento impugnati dovevano considerarsi legittimi.
Il contribuente, contro la citata sentenza, presentava comunque appello alla Commissione tributaria regionale della Toscana.
Anche l`appello, pero`, e` stato recentemente respinto dai giudici di secondo grado con la sentenza della Ctr Toscana n. 4/30/12 del 30 gennaio.
Il contribuente peraltro, nel cercare di affrontare la questione del rapporto tra l`attivita` del mandato di amministratore e quella di lavoro subordinato, affermava in sede di appello che i poteri delegati dal consiglio di amministrazione erano un quid pluris rispetto al rapporto di lavoro (e relativo vincolo di subordinazione) esistente tra la societa` e il contribuente stesso, mirando prevalentemente ad attribuire a quest`ultimo la rappresentanza e la firma sociale nei confronti dei terzi.

La tesi dell`Ufficio era invece che in questi casi, anche a prescindere dalle deleghe (che, come visto, nel caso di specie gia` confermavano comunque la insussistenza di un vincolo di subordinazione) bisogna guardare alla sostanza del rapporto, laddove, affinche` la prestazione di lavoro sia considerata come effettuata in regime di subordinazione, vi devono essere due condizioni essenziali:

  • che le attivita` svolte in forza del contratto di lavoro siano diverse da quelle attribuite allo stesso soggetto in quanto amministratore
  • che l`amministratore si trovi in posizione subordinata nei confronti della societa`

Sul piano pratico e procedurale e` quindi opportuno (il minus probatorio richiesto) in questi casi:
specificare nella delibera che l`amministratore viene assunto per esercitare un`attivita` diversa, e comunque estranea, ai suoi compiti di organo della societa` e indicare in maniera precisa e dettagliata oltre le mansioni attribuite e il relativo trattamento economico-normativo, anche il superiore gerarchico (che non puo` certo essere il collegio di cui lo stesso consigliere fa parte) cui il dirigente e` sottoposto nell`espletamento delle sue mansioni.
Se (almeno) queste due condizioni non vengono rispettate (e provate) il relativo costo non e` quindi ascrivibile a lavoro dipendente.
L`amministratore puo` dunque anche essere legittimamente un lavoratore dipendente della societa`, a condizione pero` che le prestazioni rese in funzione del rapporto di lavoro subordinato (e la relativa retribuzione), oltre a svolgersi effettivamente in regime di subordinazione, siano estranee e diverse rispetto all`attivita` tipica di amministratore (Cassazione, sentenza 329/2002) e che tale separazione sia evidente e provata.
In particolare, nel caso di amministratore delegato e`, quindi, esclusa (salvo prova contraria) la possibilita` che questi sia titolare anche di un rapporto di lavoro subordinato, dato che, in questo caso, il dirigente/amministratore esprime la volonta` propria della societa` ed e` titolare dei poteri di controllo, di comando e di disciplina.
Per tutti questi motivi, pertanto, la Commissione tributaria regionale sopra citata, ha concluso che "l`elemento tipico che contraddistingue il rapporto di lavoro dipendente e` costituito dalla subordinazione ... Nel caso in esame al ... e` stata data delega per la gestione del settore amministrativo, fiscale e finanziario, in piena autonomia, senza sottoposizione ad alcun controllo da parte del Consiglio di Amministrazione e/o del Presidente ... In questa ottica e` difficile potere sostenere che il .. ricopriva la funzione di lavoratore dipendente, dato che nessun controllo eseguiva la societa` sul suo operato e nessuna prova ha fornito la societa` di prestazioni rese nell`ambito di un rapporto di lavoro subordinato estranee all`attivita` tipica di amministratore".

Giovambattista Palumbo