L’Atto di indirizzo emanato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 1° luglio 2025 è andato ben oltre ogni aspettativa, mettendo finalmente ordine e facendo giustizia dopo cinque anni di abusi e forzature da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il Viceministro Maurizio Leo ha tenuto, di fatto, una lezione elementare di diritto: siamo all’A.B.C. delle fonti del diritto, quelle che si studiano nei primi anni degli istituti tecnici commerciali.
Un credito non può essere considerato inesistente sulla base di una circolare o di un manuale tecnico, perché non sono fonti del diritto.
Ne deriva che questi crediti vanno qualificati come non spettanti, con conseguenze molto concrete:
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prescrizione in 5 anni (e non in 8);
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sanzione del 30% invece che del 100%.
Tradotto: se la contestazione riguarda solo l’innovatività del progetto, tutti i crediti maturati nel periodo 2015-2018 e compensati entro il 31 dicembre 2019 sono prescritti.
Per quelli maturati nel 2019 e compensati nel 2020, la prescrizione scatta al 31 dicembre 2025.
Solo in presenza di frodi reali o artifici documentali il credito rimane “inesistente” e si prescrive in 8 anni.
L’Atto di indirizzo è previsto dallo Statuto del contribuente (art. 10-septies della legge 212/2000) ed è quindi vincolante per tutti gli uffici dell’Amministrazione finanziaria.
Lo stesso Viceministro ha poi ricordato agli uffici che, se contestano una certificazione valida, possono essere chiamati a rispondere civilmente dei danni causati alle imprese. Un passaggio pesante, ma doveroso dopo anni di eccessi.
Resta però una nota amara: è grave che questo Atto, annunciato già dall’ottobre 2024, sia stato pubblicato solo dopo la scadenza del riversamento del 3 giugno 2025.
Una amministrazione seria e leale avrebbe pubblicato prima il documento, consentendo alle imprese di decidere con cognizione di causa se aderire o meno al riversamento.
A completare il quadro, durante un recente convegno un dirigente del MIMIT, rispondendo a una domanda su questo tema, ha commentato con amara ironia:
“L’Agenzia delle Entrate ha agito come l’allevatore che mette le trote in una vasca e poi pesca.”
Eppure — continuano a predicare — il rapporto tra Fisco e imprese dovrebbe basarsi sulla fiducia reciproca.
Sarebbe il momento di passare dalle parole ai fatti.


